Stimolato dalla
recensione/intervista su l’Unità, ho letto il breve pamphlet di Pierre
Larrouturou “SVEGLiATEVI! (perché l’austerità non può essere la risposta alla
crisi)” (editore PIEMME-ORA, 2012, pagg. 115, € 10,00).
Anche se in parte
datato (inizio 2012, elezione di Hollande) e legato ad una specifica polemica
da sinistra nella maggioranza presidenziale francese, da parte del gruppo “Roosvelt”
(cui aderiscono anche Michel Rocard e Edgar Morin) mi sembra interessante per
il respiro internazionale delle premesse e per la ricchezza delle proposte
operative, per lo più a scala europea.
Riassumendo in breve,
nella parte analitica, oltre a raccontare la crisi da sinistra nei termini che
ormai conosciamo e condividiamo leggendo – ad esempio - Stigliitz e Gallino sul
“finanz-capitalismo”, si sofferma in particolare sulla esplosività del debito
americano e sulla (meno nota) bolla immobiliare cinese, paventandone anche una
possibile via d’uscita militare/bellica.
Questi temi però non
vengono ripresi nello svolgimento successivo del testo, che illustra una serie di interventi praticabili in
Europa, e che a me – come credo a gran parte dell’opinione pubblica di sinistra
- appaiono ragionevoli e condivisibili (anche se mi piacerebbe una più
scientifica dimostrazione sulla fattibilità ed efficacia), ma che purtroppo non
mi sembrano divenuti effettivo patrimonio programmatico delle forze politiche
della sinistra europea (a partire dal governo Hollande, come denuncia lo stesso
Larrouturou, senza però domandarsi perché ciò avvenga: il Partito Socialista
francese è ingenuamente ottimista sul rilancio del vecchio modello economico,
oppure ci sono ragioni sociali di rappresentanza e consenso che incidono sul
suo pensiero e sulla sua azione? Se fosse così, come influenzarlo? Con la sola
forza polemica del pamphlet?):
-
Finanziamento del deficit pubblico
pregresso a spese delle banche private (ipotizzando prestiti BCE attraverso la
BEI a tassi prossimi allo Zero, come quelli concessi tra 2011 e 2012 al sistema
bancario)
-
Istituzione di un imposta minima
europea sui dividendi, per evitare il “dumping fiscale” da parte dei singoli
Stati
-
Rivoluzione fiscale a danno dei più
ricchi (agevolati negli ultimi decenni), con rimpinguamento delle casse statali
-
Guerra ai paradisi fiscali, con
boicottaggio alle imprese che vi tengono filiali e obblighi di trasparenza dei
bilanci
-
Tutela dai licenziamenti e lotta al
precariato
-
Salario ai disoccupati (modello
danese)
-
Separazione tra banche commerciali e
banche d’affari
-
Vera Tobin Tax europea, con aut aut
alla Gran Bretagna
-
Nuove norme ambientali e sociali nel
commercio internazionale (e rispetto di quelle vigenti, violate da Cina ecc.), anche
per frenare le de-localizzazioni
-
Investimenti massicci in edilizia
residenziale
-
Green economy e Kioto 2 sul serio
-
Sviluppo della “Economia Sociale e
Solidale” (3° settore?)
-
Ridistribuzione egualitaria dei tempi
di lavoro e riduzione del ventaglio retributivo
-
Costruzione dell’Europa Democratica,
con governo sovranazionale e poteri al Parlamento
-
Europa sociale (trattato specifico per
dare contenuti ai diritti di cittadinanza).
Mi piacerebbe
evidentemente vedere attuate queste direttive che potrebbero “ salvare” l’Europa.
Ma come si salva il mondo se incombono
anche i mostri del disavanzo americano e
della bolla cinese?