In una fase di crisi, ed in cui i salari sono bassi, anche perché erosi da anni di scarso recupero della (pur contenuta) inflazione e dal connesso ed iniquo “fiscal drag” (le aliquote IRPEF rimangono fisse mentre la moneta si svaluta, e quindi aumentano di incidenza relativa), il de-potenziamento dei contratti nazionali (che in qualche misura avevano sostituito la “scala mobile” per compensare la svalutazione) comporterà una ulteriore diminuzione dei salari effettivi per larghe face di lavoratori, non coperti da ulteriori contratti azinedali o “territoriali”.
A questa ingiustizia si affianca l’aggravante della agevolazione fiscale per il “salario di produttività”, che favorisce i dipendenti contrattualmente più forti, senza una intrinseca connessione con i “meriti” (un lavoratore molto “produttivo” può trovarsi, non per sua scelta, in una azienda o zona priva di contratti integrativi) e tanto meno con i “bisogni” (solo il lavoratore classificato “produttivo” potrà difendere il potere di acquisto del salario).
A mio avviso tale discriminazione contrasta anche con i principi costituzionali di equità distributiva e fiscale, e mi piacerebbe conoscere il parere in proposito di giuristi e fiscalisti esperti in materia.
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