Qualche mese addietro, recensendo il
volume “CITTA’ SOSTENIBILI”, a cura di Domenico Cecchini e Giordana Castelli (Gangemi editore 2013),
lamentavo la mancanza di “più ampie
esplorazioni su realizzazioni e progetti in Italia: mi incuriosirebbe capire
quale sia il risultato complessivo del quartiere Albere (ex-Michelin)
progettato a Trento da Renzo Piano (dove pare che classe A sia indicativo anche
di una selezione sociale verso l’alto, determinata dai prezzi elevati)”.
In questa piovosa estate, avendo avuto
occasione di visitare come turista il MUSE (Museo delle Scienze di Trento),
opera di Renzo Piano inclusa nel suddetto quartiere, ho dato un’occhiata
all’intero insediamento e ne ho tratto qualche considerazione, senza pretesa di
scientificità.
Premetto e do per scontati i valori
positivi dell’operazione, come risulta dai dati ufficiali, riguardo:
-
al
recupero di un’area industriale dismessa (Michelin), che apportava posti di
lavoro al territorio, ma lo ingombrava
(e inquinava?) in una fascia delicata, presso l’argine sinistro
dell’Adige, soffocando la residenza principesca cinquecentesca delle Albere,
-
alla
densità relativamente elevata dell’intervento (quasi 1 mq/mq come densità
territoriale, più del doppio come densità fondiaria, data la presenza di un
parco di 50.000 m2 oltre al Museo ed altri spazi pubblici), che contribuisce
quindi potenzialmente al risparmio nel
consumo di suolo, pur conferendo elevati standard di verde e di attrezzature
pubbliche,
-
alla
integrazione (potenziale) tra destinazioni d’uso compatibili, residenza, uffici
e negozi, un albergo ed attrezzature pubbliche di rilievo: oltre al MUSE un
centro congressi, che - ancora in costruzione - viene trasformato in biblioteca
universitaria (pur lontana dalle facoltà),
-
alla
virtuosità tecnologica ed energetica degli edifici (livello B di Casaclima, con
fotovoltaico, geotermico, trigenerazione ed ovviamente cospicue coibentazioni).
I NUMERI DELL’INSEDIAMENTO:
SUPERFICIE TERRITORIALE M2
97.640 DI CUI SPAZI PUBBLICI 70% (PARCO 51.000 M2)
SUPERFICIE LORDA DI PAVIMENTO:
TOTALE 97.640 M2, DI CUI:
-
RESIDENZA
43.900 M2
-
DIREZIONALE
23.940 M2
-
COMMERCIO
10.500 M2
-
ALBERGO
4.700 M2
-
MUSE
11.700 M2
-
CENTRO
CONGRESSI/BIBLIOTECA 2.900 M2
Confermo inoltre quanto è abbastanza
noto riguardo al MUSE, e cioè l’assoluto successo di pubblico nel suo primo
anno di apertura, superato da poche settimane, successo da me constatato sia in
termini quantitativi, per la lunga coda all’ingresso in un pomeriggio feriale,
sia in termini qualitativi, per l’evidente entusiasmo soprattutto da parte di
bambini e genitori a fronte delle istallazioni interattive e delle sezioni più
spettacolari del percorso espositivo.
Personalmente ho qualche dubbio sulla
effettiva efficacia comunicativa e didattica dell’insieme, per visitatori non
accompagnati da insegnanti ed esperti, perché c’è forse troppo e di tutto un
po’, ed alquanto compresso negli spazi: però ben venga (finalmente anche in
Italia) la capacità di suscitare entusiasmo anziché noia in un museo; ed anche
attraverso un grande impiago di calchi, copie e immagini, abbandonando il culto
ossessivo del reperto originale.
(Il video che più mi è piaciuto è
stata una ricostruzione in vista aerea delle trasformazioni del territorio
trentino, dalle ere geologiche a quelle urbanistiche, con interpolate anche le
foto delle incursioni e distruzioni belliche e delle alluvioni del ‘900).
Come architettura il MUSE mi è
sembrato affascinante e funzionale da dentro (con qualche dubbio su raffrescamento
e aerazione nei piani alti quando splende il sole e c’è molta affluenza; l’ho
provato con cielo coperto in giorno feriale, e il comfort non mi sembrava il
massimo, anche se è certificato LEED GOLD) e simpatico ma poco unitario visto
da fuori (e forse ingenuo se nelle forme triangolari volesse veramente alludere
alle montagne).
Il prato a nord, poco definito e forse
non finito (così come l’attiguo sottopasso pedonale sotto la ferrovia),
restituisce comunque visibilità e respiro al palazzo delle Albere (bisognoso di
restauri e di ritorno alle funzioni museali del MART, ora trasferite altrove): non
so se si prevede di completarlo con un richiamo allo storico viale che dava il
nome al luogo, e che proseguiva ben oltre la ferrovia.
L’architettura del quartiere
residenziale e terziario, a sud del MUSE, costituita da isolati a corte
allungati, con altezze di 5-6 piani e allineamenti non esclusivamente
ortogonali e rettilinei, a me sembra nell’insieme semplice e brillante, come
immagine anche più riuscita del MUSE, sia da lontano (dalla viabilità veloce
oltre Adige) sia percorrendo i portici dei viali alberati interni, con lunghe
vasche d’acqua (e temporanee sculture) od i larghi marciapiedi dei viali
carrabili al margine dell’insediamento.
Nell’insieme l’impressione di un’area
urbana ed umana (qualora fosse abitata…) e di un disegno di qualità, senza
esagerazioni autoriali e con una
equilibrata dose di “variazioni sul tema” (né monotonia né ecclettismo): di
architettura contemporanea che vada oltre la dimensione del singolo edificio in
Italia non se ne vede molta, e raramente risulta così gradevole: ad esempio il
quartiere Bicocca di Gregotti a Milano è molto più freddo e “gigantista”, e
meno pedonale.
Qualche riserva, di gusto personale,
la riserverei al colore verde, troppo chiaro ed evidente di tende a rullo e
serramenti, ed all’invecchiamento, precoce ma non omogeneo, delle strutture
esterne in legno, che invece ben si associano con il metallo, i paramenti
opachi grigi e con le copertura fotovoltaiche a “falde indipendenti” (I colori
e materiali del MUSE sono invece, con logica complementare, tende arancioni,
vetro, metallo e paramenti bianchi).
Il quartiere, però sembra per ora, in
termini di vitalità, un’appendice del MUSE, perché appare ancora poco abitato e
soprattutto ai piani terra, che dovrebbero contenere negozi e affini, sembrano
operativi soprattutto alcuni bar-ristoranti, che si affiancano alle funzioni
della caffetteria del Museo e sfamano il personale degli uffici già insediati
nei blocchi posti ad Est (la sussidiarietà al MUSE si riscontra anche per parte
dei parcheggi interrati, che però mostrano carenze di segnaletica per un uso
promiscuo tra abbonati ed utenti occasionali).
Non ho avuto la faccia tosta di
entrare nell’ufficio vendite spacciandomi per un potenziale acquirente, ma ho
l’impressione che buona parte dei fabbricati – soprattutto residenze e negozi -
siano ancora invenduti, e non solo per la crisi sopravvenuta ed i prezzi
elevati, ma anche per la oggettiva difficoltà di vendere gli alloggi in considerazione:
-
dei
limiti della localizzazione, con belle viste sui fianchi montuosi della vallata
e prossima sul lato Ovest all’Adige (con argine ciclabile per decine di
chilometri, però oltre una strada di scorrimento urbano, coperta solo in parte
dalla piastra verde del parco “Michelin”), e sul lato Est (edifici solo
direzionali) adiacente alla ferrovia del Brennero, priva al momento di barriere
acustiche (tutt’altra cosa sarebbe la
presenza di una fermata ferroviaria, che non c’è, mentre l’interramento della
linea ipotizzato dal PRG di Joan Busquets si esaurirebbe più a Nord); inoltre,
pur non essendo lontano dal Centro urbano e dall’Università, l’area né è separata
da alcuni impianti mono-funzionali piuttosto pesanti, coma lo Stadio (che forse
in futuro sarà trasferito), la Fiera ed il Cimitero
-
da
scelte che possono apparire virtuose ai critici ed ai visitatori, come le
facciate interamente vetrate (e schermate dalle suddette tende), la
permeabilità pedonale pubblica di gran parte dei cortili verdi che si alternano
ai viali pedonali interni e quindi la pressoché totale assenza di recinzioni
che privatizzino il suolo (ad esclusione degli isolati totalmente residenziali
sul fronte del Parco), e – mi è sembrato – la carenza di balconi e logge (se
non per gli attici): elementi che contrastano con le abituali aspirazioni dei
potenziali clienti di target elevato (che hanno quindi in città e dintorni molte
possibili alternative).
E qui si torna all’interrogativo
iniziale ovvero se possa essere sostenibile socialmente ed economicamente un
quartiere sì ecologico, ma decisamente “d’alto bordo” (prezzi oltre i 4.500
€/m2, non a caso pubblicizzati anche sul portale LUX-gallery). Domanda cui non
poteva dare risposta la mia gita occasionale, mentre pare ampio sui giornali e blog
il dibattito locale in materia, e dove per altro si legge di tutto, dal
giudizio architettonico “stie per polli” all’allarme botanico per l’impianto
arboreo troppo denso nel Parco, nonché pesanti accuse di eccessivo sostegno economico
da parte di Comune Provincia Università e
Curia per il difficoltoso successo dell’iniziativa immobiliare, ed in
particolare nonché censure circa l’abbandono del progetto di Botta per una nuova
biblioteca universitaria meglio collocata.
P.S. Nel corso della vacanza sono
stato anche al MART di Rovereto, grandioso e classicheggiante progetto di Mario
Botta e Giulio Andreolli (con la segnaletica dei parcheggi ben fatta, tranne che
per segnalare l’uscita auto…), di notevoli ambizioni urbane, a partire dalla grande
cupola trasparente e semi-aperta di raccordo ai preesistenti fabbricati pubblici
di cortina sulla strada; ho dovuto però constatare che in un giorno feriale di
luglio, pur con mostre di buon livello ed ottima istallazione in spazi di ampio
respiro (Alvaro Siza; “Perduti nel paesaggio” con opere tra gli altri di Gabriele
Basilico e Marina Abramovic) il MART si mostrava assai poco frequentato, sia dai
turisti che dagli utenti locali, e quindi molto “cattedrale nel deserto” (anche
se, egoisticamente, molto favorevole alla nostra privata fruizione delle
mostre); non so se la situazione sia
diversa con mostre di maggior richiamo, oppure se è un destino segnato per
l’arte contemporanea in cittadine di provincia (vedi per mia esperienza la
Villa Panza di Biumo in Varese ed il MAGA di Gallarate, che però almeno si è
buttato sulla didattica, e quindi manifesta di frequente più vita).
SEGUONO IMMAGINI:
MUSE E PALAZZO ALBERE
QUARTIERE ALBERE
MART ROVERETO