Non è facile valutare l’esito
(provvisorio) della crisi greca, dopo il referendum che ha respinto
l’accordo-capestro imposto dai creditori e la successiva trattativa con cui
Tsipras ha accettato un nuovo accordo (meno capestro?), però senza sottoporlo a
nuovo referendum.
Quanto sia valido l’accordo del
13 luglio per salvare la Grecia nell’Euro e l’Euro stesso, dipende da molti
fattori, tra cui forse decisiva è la parte di trattativa ancora da svolgere
sull’ipotesi di alleggerimento strutturale del debito greco, formulata anche da
BCE e FMI, ma evidentemente sgradita al Governo Tedesco&C.
Nel merito dei provvedimenti
imposti alla Grecia, sulla cui efficacia o nocività gli esperti mi sembrano
divisi (perché scelte astrattamente ragionevoli possono avere effetti
depressivi in una fase di prolungato stress economico e sociale) , la mia
impressione, leggendo i giornali, è che alcune decisioni appaiono di puro buon
senso (e stupisce non siano state assunte prima, dall’indipendenza dell’istituto
di statistica ad un graduale allungamento dell’età pensionabile), mentre altre
proprio non le capisco, e mi sembrano ingiuste ed inaccettabili: tra queste
l’aumento dell’IVA sui generi alimentari di prima necessità, in un paese dove
orami la povertà è assai diffusa (generi alimentari che intanto continuano ad
avere IVA agevolata in Italia ed in molti altri paesi d’Europa).
Nel contempo mi rimangono
oscuri i contenuti del “piano B” che
avrebbe voluto sviluppare Varoufakis: uscire dall’Euro? metter mano alle
riserve della banca nazionale greca? Scelte di rottura alquanto avventuriste
che non sembrano godere di una vasta base sociale e che – se ci fosse stato un
vero consenso per un “economia di guerra” (più dura dell’attuale razionamento
bancario) – potevano forse avere un
qualche successo se applicate all’improvviso dopo le elezioni e molto meno dopo
aver lasciato degenerare i conti
pubblici (e fuggire i capitali) durante diversi mesi di trattative ed
incertezze.
Incertezze che anche Tsipras non
ha risparmiato al popolo greco ed ai suoi tignosi interlocutori; però,
svoltando verso un accordo che abbandona molte promesse elettorali, sembra aver
acquistato una nuova credibilità come miglior difensore possibile degli
interessi nazionali: vedremo come riuscirà a gestirla.
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