Che il M5Stelle vincesse 19
ballottaggi su 19 contro il PD, raccogliendo su larga scala anche consensi da
destra, al di là degli inviti di Salvini (senza contraccambiare più di tanto),
non lo avevo previsto.
(Pur avendo percorso, da turista, il tragitto tramviario del 4 dalla
periferia di Torino al centro e ritorno, come ora fanno i giornalisti, ed
essermi meravigliato non tanto delle variazioni multietniche e sociali, ma del
degrado degli spazi pubblici presso il parcheggio di interscambio all’uscita
dell’autostrada Milano-Torino, mancanza di biglietterie tramviarie,
vandalizzazione del punto informativo della Fu-Sindone: ho solo pensato che
avrei continuato a raggiungere il centro di Torino in auto, e non che Fassino
stava per perdere le elezioni).
Per il resto ho l’impressione invece
che si stiano avverando tutte le previsioni*, mie e di molti “Gufi” malcontenti
del renzismo, ma - in questo momento n
cui cresce quasi universalmente il livore anti-renziano (anche da parte di
molti che l’avevano omaggiato, e inutilmente da parte chi già lo esecrava) - mi sembra superfluo ripetermi, e preferisco
limitarmi, come utile riepilogo dei temi principali, ad allegare integralmente –
per chi non l’avesse letta – la chiarissima intervista di Repubblica a Romano
Prodi (su cui dissento solo a proposito di una individuazione un po’ generica
della “classe media”), che rappresenta anche – a ragion di crisi nel contempo
maturata – una compiuta correzione di rotta rispetto a taluni aspetti della
politica economica e sociale degli ormai lontani governi Prodiani.
Anche D ’Alema denuncia alcune verità sull’attuale condizione e
conduzione del PD, ma dette da lui suonano meno vere, perché mai preceduta dalle
necessarie autocritiche riguardo alla sua conduzione della sinistra e dalla
condizione in cui il suo gruppo dirigente l’ha lasciata.
Non so se Prodi avrà ascolto e se
sia ancora possibile a breve termine una ricostruzione di un decente polo di
centro-sinistra (e più a lungo termine di una sinistra adeguata ai tempi), però
non credo che si debbano dare per scontate né la sconfitta del referendum costituzionale,
né la marcia trionfale del M5Stelle (che ora deve cimentarsi non solo con il governo vero
di vere metropoli, ma anche con qualcuna delle sue contraddizioni
politico-culturali di fondo), né ancora il tramonto politico delle destre, perché
molti voti per il M5S ai ballottaggi sono intrinsecamente volatili, e la
situazione mondiale nient’affatto stabile.
NOTA: * ad esempio: sulla
disaffezione degli elettori verso la linea politica del PD e verso l’arroganza
del Leader, sulla latitanza del PD nei territori, sull’evanescenza delle
alternative di sinistra interne ed interne al PD, sull’interdipendenza tra
amministrative e referendum.
INTERVISTA DI “REPUBBLICA” A PRODI – 21 GIUGNO 2016
"Cambiare
politiche, non solo politici. Se non cambiano le politiche, il politico
cambiato si logora anche in due anni". Quasi uno scioglilingua, ma condito
con un sorriso ammiccante. Dal suo ufficio di Bologna Romano Prodi, padre
fondatore del Pd in ritiro politico, osserva le elezioni di domenica, le
maggiori città del paese governate da partiti che non esistevano fino a pochi
anni fa, e manda un messaggio a Palazzo Chigi.
Esplode il mappamondo
politico. Cosa sta succedendo?
"Non basta
guardare il voto di questa o di quella città. C'è un'ondata mondiale, partita
in Francia, ora in America. Lo chiamano populismo perché pur
nell'indecifrabilità delle soluzioni interpreta un problema centrale della
gente nel mondo contemporaneo: l'insicurezza economica, la paura sociale e
identitaria".
I populismi sono figli
solamente di una crisi di paura?
"La paura di non
farcela è tremenda ma non immaginaria. La chiami iniqua distribuzione del
reddito, ma per capirci è ingiustizia crescente. Quando chiedo ai direttori di
banca: quanti dipendenti avrete fra dieci anni?, mi rispondono: meno della
metà. L'iniquità post-Thatcher e post-Reagan si è sommata alla dissoluzione
della classe media, terribile tendenza di tutte le economie sviluppate e di
mercato, e sotto tutti i regimi".
Cos'è classe media?
"Nel senso più
ampio possibile, chiunque avesse una sicurezza anche modesta sulla propria
vecchiaia e sul futuro dei figli. Ma il pensionato che diceva orgoglioso
"io non ce l'ho fatta, ma mio figlio è laureato", ora non lo dice più.
L'ascensore sociale si è bloccato a metà piano e dentro si soffoca".
I Cinquestelle gridano
"onestà- onestà", sembra soprattutto una rivolta morale...
"La disonestà pubblica peggiora le cose, ma la radice è la diseguaglianza. Ci siamo illusi che la gente si rassegnasse a un welfare smontato a piccole dosi, un ticket in più, un asilo in meno, una coda più lunga... Ma alla fine la mancanza di tutela nel bisogno scatena un fortissimo senso di ingiustizia e paura che porta verso forze capaci di predicare un generico cambiamento radicale".
"La disonestà pubblica peggiora le cose, ma la radice è la diseguaglianza. Ci siamo illusi che la gente si rassegnasse a un welfare smontato a piccole dosi, un ticket in più, un asilo in meno, una coda più lunga... Ma alla fine la mancanza di tutela nel bisogno scatena un fortissimo senso di ingiustizia e paura che porta verso forze capaci di predicare un generico cambiamento radicale".
La rabbia poteva avere
altri sbocchi politici, non crede?
"Quando il
socialismo era all'opposizione appariva come la grande alternativa. Ma cos'è
successo poi? Una fortissima omologazione delle politiche, da Clinton alle grandi
coalizioni tedesche all'Italia... Non mi faccia dire del "partito della
nazione", ma è chiaro che qualcosa del genere è accaduto anche qui".
Una politica
uniformata fa nascere i populismi?
"No, lo fa una
politica uniformata quando occupa tutto il campo, ma non sa dare soluzioni.
Allora la rabbia della gente crea un altro campo. Se il voto diventa liquido, è
per questo. Quando tu vedi che solo il centro storico delle città è rimasto ai
partiti della sinistra... Vogliamo chiederci perché Trump è odiato a Wall
Street e osannato dai metalmeccanici del Michigan? È un leader più europeo di
quel che pensiamo, non è semplicemente reazionario ma tocca, certo in modo
sbagliato, le paure reali del ceto medo".
Ma anche quando la
politica tradizionale dà soluzioni, perde. Piero Fassino amareggiato dice che
non basta più governare bene.
"Fassino ha
governato bene, nessuno ne dubita, ma chiunque governi oggi viene identificato
col potere costituito, ed è un bersaglio. Il gioco è molto più grande di un
municipio, il problema è che alle grandi forze politiche nazionali manca
un'interpretazione della storia e del presente".
Un problema di questa
classe politica di governo?
"Non si tratta di
cambiare i politici ma di cambiare politiche. Cambiare i politici è condizione
necessaria ma non sufficiente".
Be', i politici di
governo li abbiamo cambiati da poco.
"Se non cambi le
politiche, il politico cambiato invecchia anche in un paio d'anni... C'è sempre
un'usura, e corre veloce. La mancanza di risposte efficaci logora. E al momento
si sente la mancanza di risposte che affrontino il problema delle paure e delle
cause reali delle paure".
È un Pd
de-ideologizzato chenon ha queste risposte?
"Rifiutare le
strettoie delle ideologie è diverso dal non avere radici e risposte fortemente
orientate. Non abbiamo un Keynes, un progetto per uscire in modo collettivo
dalla crisi. Quando governi, devi dare operativamente il messaggio che sai
affrontare i problemi, e questo non lo puoi fare senza il coinvolgimento di una
forte base popolare nel cambiamento delle politiche. Devi dimostrare di capire
e di andare incontro ai problemi. Il rinnovamento per il rinnovamento non è una
risposta sufficiente".
C'entra anche la
personalizzazione della politica? Paradossalmente, quando Grillo si eclissa i
Cinquestelle vincono, mentre il Pd, dove Renzi "pone la fiducia",
soffre...
"Di fronte alla crisi la prima risposta è sempre quella della forte personalizzazione, sia da parte dei governi che dei populismi. Ma dura poco, perché la realtà la mette alla prova dei fatti. La gente vota i politici perché spera che cambino le cose, la personalizzazione è un riflesso. Infatti in queste elezioni hanno vinto dei volti sconosciuti. La personalizzazione non regge se non cambia le cose, o non dà almeno la speranza concreta di poterle cambiare".
"Di fronte alla crisi la prima risposta è sempre quella della forte personalizzazione, sia da parte dei governi che dei populismi. Ma dura poco, perché la realtà la mette alla prova dei fatti. La gente vota i politici perché spera che cambino le cose, la personalizzazione è un riflesso. Infatti in queste elezioni hanno vinto dei volti sconosciuti. La personalizzazione non regge se non cambia le cose, o non dà almeno la speranza concreta di poterle cambiare".
I trionfatori di
queste elezioni vincono perché danno questa speranza?
"Hanno risposte
emotive e confuse, semplici motti specifici su angosce specifiche, via gli
immigrati, punire le banche, ma neanche una riga che spieghi come potrebbero
fare. Ma il loro vantaggio è un altro: sanno adattarsi alle paure. Questi
movimenti nascono in genere molto di parte, orientati, partigiani. Hanno un
certo successo poi si fermano, perché le loro soluzioni mostrano un limite
ideologico. E allora si allargano da destra a sinistra e da sinistra a destra.
Marine Le Pen è stata la prima a capire i limiti di un populismo di parte, e ha
"ucciso il padre". In quel momento è diventata una potenziale
presidente della Repubblica francese. In Italia sta succedendo la stessa
cosa".
È il limite che ha
cercato di superare Salvini?
"Ma prima di lui
è arrivato il Movimento Cinquestelle. Hanno capito per primi che bisogna
cavalcare la protesta, non una protesta. Guardi il loro atteggiamento
sull'immigrazione: prese di posizione così inafferrabili da poter essere
interpretate sia in senso di destra che di sinistra. E dalle analisi che leggo,
ha funzionato: prendono voti anche fra gli anziani delle periferie
metropolitane, i ceti deboli tra i quali la paura dell'immigrato è più
forte".
Professore, lei si
tiene lontano dalla politica italiana, ma qui c'è una morale, no?
"Progetto e
radicamento popolare. Il cambiamento possibile, fatto entrare nel cuore della
gente. Il solo ad averlo capito è papa Francesco"