Dopo una legislatura trascorsa
in vana attesa dell’approvazione del Disegno di Legge Catania del 2012,
l’associazione Salviamo-il-Paesaggio ha completato – alla vigilia delle
elezioni politiche del 4 marzo 2018 - la promessa stesura partecipata di un
proprio progetto di legge assai più radicale.
A mio avviso emergono alcuni
elementi di eccessivo estremismo, quasi ‘monastico’ (un timore di confrontarsi
con la realtà?), da cui possono conseguire difficoltà di approvazione prima e
poi di applicazione, in un contesto politico ancora assai problematico.
Riassunto:
-
La mancata approvazione
del Disegno di Legge governativo nella scorsa legislatura
-
La
conclusione del processo partecipato di formazione della proposta di legge di
Salviamo-il-Paesaggio, reso noto alla vigilia delle elezioni politiche
-
Le
definizioni rigorose degli usi del suolo, fondate sulle ricerche di I.S.P.R.A.
-
Un
meccanismo drastico per conseguire lo stop al consumo di suolo all’indomani
dell’approvazione della nuova legge (fatta salva la provvista di permessi di costruire
nel frattempo accumulati)
-
Un rigore forse eccessivo: blocco del
consumo e non ricerca del saldo-zero in un processo di ricomposizione organico;
nessuna deroga per le funzioni pubbliche
-
La
problematica del recupero e della rigenerazione urbana
-
Il
tentativo di avviare, a partire dal censimento dei suoli e degli immobili
inutilizzati, una acquisizione gratuita ad usi sociali dei beni abbandonati, in
attuazione dell’art. 42 della Costituzione
-
(in corsivo i commenti personali del
recensore)
Su
UTOPIA21 di settembre e di novembre 20161,2 avevo trattato il tema
del risparmio del consumo di suolo, soprattutto alla luce dei rapporti ISPRA3,4,
ed il dibattito attorno al disegno di legge avanzato dal ministro Catania
(governo Monti) nel 2012, e poi approvato dalla sola Camera dei Deputati nella
sofferta legislatura 2013-2018.NOTA A
Il
giudizio su tale testo legislativo di gran parte del mondo ambientalista, e
soprattutto dell’associazione Salviamo-il-Paesaggio5 (che raccoglie
a sua volta – oltre a singoli intellettuali ed a numerosi comitati locali – le
principali associazioni ambientaliste nazionali NOTA B), e per altri
versi anche dell’Istituto Nazionale di Urbanistica6, era piuttosto
negativo, sia per l’ottica limitata alla salvaguardia dei suoli agricoli
produttivi, sia per il gradualismo eccessivo, che consentiva (e garantiva,
pertanto quasi ‘spingeva’) negli anni successivi l’utilizzo urbano di quote
decrescenti dei suoli liberi, da spalmare in tutti i comuni, senza conteggiare
i consumi di suolo per infrastrutture e occupandosi quasi marginalmente del
grande problema della rigenerazione dei suoli consumati e dismessi.
Tuttavia
la possibilità di una approvazione definitiva del DDL anche al Senato (spinta
dalla relatrice sen. Puppato, del PD, ma non dai vertici del suo partito NOTA
C ), sarebbe stata salutata come un segnale politico positivo, un “primo
passo in avanti” verso la consapevolezza del problema-suolo, convergente con le
migliori attenzioni europee: così come la mancata approvazione si è tramutata
nel suo opposto (unica conquista ambientalista dell’ultimo minuto nella
finanziaria per il 2018, è l’auspicato divieto per i Comuni di utilizzare per
spese correnti – anziché per opere pubbliche - gli oneri di urbanizzazione
pagati dai costruttori; divieto posposto però all’anno 2019).
Nel corso del 2017 ha pertanto
ripreso piena motivazione ed un qualche slancio l’elaborazione di un proprio
disegno di legge, da promuovere come iniziativa popolare e/o da suggerire al
Parlamento, da parte di Salviamo-il-Paesaggio (sempre però nell’ambito di un
procedere lento e faticoso, tipico di una associazione plurale e ‘federale’:
attenta ad esempio anche alla formulazione di potenziali emendamenti da parte
di soggetti come lo scrivente, intellettuale isolato e non aderente né a
formazioni locali né al gruppo di lavoro ufficiale degli esperti).
Già ho segnalato,
nell’articolo sui programmi elettorali (UTOPIA 21 di marzo)7 la
tardività dell’uscita della proposta di Salviamo-il-Paesaggio rispetto ai
confronti elettorali, con la raccolta affrettata di alcune adesioni di massima,
talora senza approfondimento (ad esempio
che conto effettivo ne tiene il MoVimento5Stelle, che non ha incluso
l’argomento tra i 20 punti prioritari, sui quali ha raccolto il suo evidente ma
parziale successo?). La natura essenzialmente proporzionale della nuova
legge elettorale (coerente in ciò con il segno politico dell’esito referendario
del dicembre 2017 in materia istituzionale) rende ora molto difficile valutare
le probabilità di successo del PDL di Salviamo-il-Paesaggio nella legislatura
entrante. Mi limiterò pertanto a riferirne ed a commentarlo nel merito della
sua impostazione concettuale, come se fosse un ‘manifesto’ di natura teorica.
Poiché il testo è di facile
lettura8 ed accompagnato da una altrettanto succinta e chiara
relazione9, nonché presentato da sintetici comunicati-stampa10,
cui rimando, evito un riassunto puntuale e mi concentro sui caratteri
salienti della proposta.
Le definizioni assunte (“suolo”,
“consumo di suolo”, “superficie agricola, superficie naturale e semi-naturale”,
“copertura artificiale del suolo”, “impermeabilizzazione”, “area urbanizzata”,
“area edificata”, “area di pertinenza”, “area infrastrutturata”, “rigenerazione
urbana”, “servizi eco-sistemici” ed “edificio”) sono assai rigorose, fondate
sull’esperienza scientifica dell’ISPRA e sull’esperienza pratica dei pochi Comuni
che hanno seriamente sperimentato la ‘crescita zero’: rigore finalizzato a non
lasciare spazio alle tradizionali ‘italiche interpretazioni’, e mirato a
controllare l’insieme delle trasformazioni dei suoli liberi (non solo di quelli
coltivati o coltivabili), sia in ambito urbano che extraurbano. NOTA D
Le limitazioni da imporre ai Comuni
sono drastiche, si vieta il consumo di suoli liberi a decorrere dall’entrata in
vigore delle legge, senza periodi di transizione o quote residue a scalare: l’obiettivo
del “consumo di suolo zero”, che si vagheggia a scala europea per il 2050,
verrebbe pertanto notevolmente anticipato nel nostro paese (anche perché ricade
tra i maggiori consumatori di suolo), fatta salva però la probabile ‘provvista’
di convenzioni per piani attuativi e di permessi di costruire che gran parte
degli operatori potrebbe accaparrarsi (seppur onerosamente) sulle aree
classificate edificabili fino al giorno prima della promulgazione della legge;
tutte le altre aree edificabili, non utilizzate o “prenotate”, sono da
cancellare con variante automatica ai piani vigenti (e senza indennizzo, in
conformità ad un principio già sancito dal Consiglio di Stato): operazione di
notevole audacia politica (e pertanto di difficoltosa approvazione).
Mi sono permesso di
segnalare ai Coordinatori di S-il-P a proposito di questo assunto centrale
della legge, e ritengo opportuno qui rilevare, un eccesso di rigidità del
testo: l’azzeramento del consumo di suolo risulta infatti inteso fisicamente,
sui confini (spesso irrazionali) delle espansioni urbane finora delineate, e non
come possibile “saldo zero” tra partite in dare-e-avere che
potrebbero razionalizzare tali confini, e soprattutto conseguire opportuni
scambi tra alcune porzioni di suoli oggi consumati (che dovrebbero essere preventivamente
sgomberati e bonificati a spese dei privati interessati) e alcune porzioni di
suolo libero (che potrebbero risultare intercluse e povere di interesse
ambientale, oppure strategicamente necessarie per specifici sviluppi di imprese
e comunità): il tutto a scala sovracomunale (ovvero in ‘area vasta’), perché
non si può postulare un perfetto equilibrio tra domanda ed offerta di aree
usate-e-riutilizzabili nel ristretto ambito di ogni singolo Comune. La
formulazione licenziata da S-il-P escluderebbe ad esempio sia le proposte di
Ennio Nonni per il territorio Faentino11,12 (demolire volumi isolati
in campagna offrendo in cambio diritti volumetrici addensabili in città) sia
quelle ispirate ad Arturo Lanzani dalla critica situazione Brianzola12,13,14
(bonificare aree dismesse come nuovi parchi in cambio di limitati interventi di
completamento logistico-produttivo).
Un’altra grave rigidità
della proposta di S-il-P a mio avviso è la mancanza di qualsivoglia deroga per
il consumo di suoli agricoli ad uso pubblico, cioè per servizi ed
infrastrutture, locali o sovra-locali, come se fosse certa e pre-determinata la
possibilità di soddisfare sempre tali bisogni nel campo delle aree già in
precedenza occupate (un eccesso opposto e simmetrico a quello del disegno di
legge Catania, che escludeva addirittura dai conteggi, ‘a prescindere’, i
consumi di suoli per qualunque utilizzo dichiarato di interesse pubblico). NOTA E-
A
fianco del rilievo dei suoli liberi, indispensabile per la prima attuazione
della legge proposta, applicandone le puntuali definizioni di cui sopra, in
rapporto dialettico con ISPRA, il progetto di legge impegna i Comuni in un
accurato censimento dei lotti e dei volumi parzialmente o totalmente
inutilizzati o sfitti, indirizzando su questo patrimonio, assai cospicuo in
molte zone d’Italia (per svariate ragioni, e
perciò con differenziata incidenza), le future attività di recupero ed
anche di rigenerazione urbana, sommariamente definite dagli artt. 2/l e 5 del PDL, e probabilmente da meglio
organizzare in una auspicabile revisione delle leggi urbanistiche, nazionali e
regionali, per renderle coerenti con questi precisi indirizzi generali
‘salva-suolo’. La proposta di legge di S-il-P prevede forme di incentivazione
economica per tali recuperi, ma in modo generico, perché non si configura come
legge di spesa. (Ribadisce inoltre la destinazione vincolata degli oneri di
urbanizzazione per le sole opere pubbliche, vedi sopra).
La
proposta di S-il-P non affronta in via ordinaria la questione degli indennizzi
espropriativi (e dei costi delle bonifiche), che la ricomposizione urbana nei
confini dell’esistente porterebbe all’attenzione per soddisfare i bisogni di
servizi e spazi pubblici (l’arresto delle espansioni comporta anche un
assottigliamento della modalità ‘perequativa’ per l’acquisizione di tali
spazi).
Introduce
invece alcuni principi e criteri per l’attuazione dell’art. 42 della
Costituzione, riguardo alla “funzione sociale della proprietà” ed in
particolare per la ricognizione e potenziale acquisizione (gratuita) al demanio
comunale dei beni immobiliari abbandonati, previa diffida ai proprietari per
richiamarli entro tempi certi ad un effettivo ripristino e riutilizzo.
Si
tratta a mio avviso di un nodo estremamente importante (si pensi per analogia a
quali applicazioni sarebbero possibile sul fronte delle imprese che
delocalizzano oppure inquinano, ecc.), che nell’art. 1.7 è enunciato
sinteticamente ed è poi sviluppato all’art. 8 con una discreta articolazione,
ma che mi sembra inadeguato a reggere le inevitabili contestazioni (in fase di
discussione del progetto di legge) e di contenzioso giuridico (nell’eventuale
applicazione della legge approvata), perché non prevede organi ‘terzi’ di
garanzia nell’ambito del procedimento amministrativo, e quindi scarica ogni
facoltà di ricorso sulla magistratura amministrativa e/o ordinaria.NOTA F
NOTA A – Ho trattato il tema
in termini più ampi anche nel trittico di articoli “ IL DIBATTITO SULLA
CRESCITA E SULLA SOSTENIBILITA' DEI
FENOMENI URBANI E METROPOLITANI”, su Utopia21 di maggio/luglio/settembre 2017 e nell’intervista ad Arturo Lanzani (maggio
17); l’argomento è stato trattato anche nel Festival dell’Utopia di Varese,
edizione 2017, convegno “suolo, bene comune” del 21 aprile 2017 https://www.universauser.it/documentazione/convegno-suolo-bene-comune.html
NOTA B – FAI, Italia Nostra,
LegaAmbiente, LIPU, SlowFood, TCI, WWF
NOTA C - probabilmente per un calcolo elettoralistico (erroneo),
in parallelo alle scelte sull’IMU per la prima casa e sul referendum
“trivelle”, regali apprezzati da settori moderati, che poi puntualmente non
hanno votato PD.
NOTA D – tra le definizioni di
cui all’art. 2 continua a lasciarmi perplesso, per meri motivi di chiarezza
semantica, l’inclusione tra le aree “urbanizzate” di impianti tecnologici
(esempio centrali energetiche) o produttivi (esempio: cave e miniere) isolati
ed avulsi da effettivi fenomeni di “urbanizzazione”, e che potrebbero meglio
ricadere in altra definizione di suolo consumato.
NOTA E – un altro eccesso di zelo si riscontra su un fronte collaterale della
proposta di legge, laddove si delinea un divieto assoluto di trasformare in
aree coltivabili tutti i suoli attualmente allo stato naturale o semi-naturale:
se mi è chiaro che la odierna cultura ambientalista esclude in generale il
ricorso a ‘bonifiche’ di zone umide e ad
arature dei pascoli montani, tuttavia non credo che questo tipo di scelte, da
ponderarsi nei singoli casi e nei singoli contesti territoriali (e quindi
paesaggistici ed ambientali) possa e debba essere troncata da una legge
draconiana (o grida manzoniana?). Che tra l’altro rischierebbe di escludere
forme di restauro del paesaggio agrario talora fortemente auspicabili sotto il
profilo idrogeologico, come il ripristino delle colture su terrazzamenti
artificiali abbandonati.
NOTA F: l’elaborazione di
questa parte della legge si deve al giurista ed ex vice-presidente della Corte
Costituzionale Paolo Maddalena, sul cui testo “IL TERRITORIO BENE COMUNE DEGLI
ITALIANI” (retroterra culturale delle proposte in esame) ho sviluppato una
recensione in questo stesso numero di Utopia21
Fonti:
1,2. Aldo Vecchi “LA
LIMITAZIONE AL CONSUMO DI SUOLO”, 1^ e 2^ parte, su UTOPIA21, ottobre e novembre 2016 http://www.universauser.it/images/consumo_suolo_parte_1.pdf
3. I.S.P.R.A. – CONSUMO
DI SUOLO, DINAMICHE TERRITORIALI E SERVIZI
ECOSISTEMICI edizione
2016 www.isprambiente.gov.it
4. I.S.P.R.A. &
SALVIAMO-IL-PAESAGGIO & SLOW FOOD ITALIA – CONVEGNO “RECUPERIAMO TERRENO” –
MILANO 06-05-2015 – atti, sessione poster, Volume I e II www.isprambiente.gov.it
7. Aldo Vecchi “LETTURA
E CRITICA DEI PROGRAMMI ELETTORALI PER IL 4 MARZO 2018” su UTOPIA21, marzo 2018 https://drive.google.com/file/d/1-pOGmRevCBAEFoVD79kPcjPurVoAPYMM/view?usp=sharing
11. Ennio Nonni ed altri
“BIO-URBANISTICA – ENERGIA E PIANIFICAZIONE” Comune di Faenza/Tipografia
Valgimigli, Faenza 2013 (progetto Europeo EnSURE, Energy Saving in Urban
Quarters trough Rehabilitation and New Ways of Energy Supply)
12. sulle teorie di
Ennio Nonni e Arturo Lanzani: Aldo Vecchi “IL DIBATTITO SULLA CRESCITA E SULLA
SOSTENIBILITA’ DEI FENOMENI URBANI E METROPOLITANI (PARTE 3^)” su UTOPIA21,
settembre 2017 https://drive.google.com/file/d/0BzaFw8WEAEgYWmd2MmZTMmc1NWs/view?usp=sharing
13. Arturo Lanzani
“CITTA’ TERRITORIO URBANISTICA, TRA CRISI E CONTRAZIONE” Franco Angeli, Milano
2015
14. Aldo Vecchi “CONVERSAZIONE
– INTERVISTA CON ARTURO LANZANI” su
UTOPIA21, maggio 2017 https://drive.google.com/file/d/0BzaFw8WEAEgYNnYzRUJXOFJtZHM/view?usp=sharing
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