Anche se l’evidenza delle cose, dette, fatte e
non-fatte, dal solo Ministro degli Interni, in queste prime settimane,
qualifica a sufficienza il “Governo del Cambiamento”, ho ritenuto doveroso
completare una mia valutazione sulla ‘sostenibilità ambientale’ del Contratto
di Governo (come ho preannunciato nel mio
primo commento del 2 giugno) attraverso la lettura del testo ufficiale
siglato dalle due forze politiche e fatto proprio dal Presidente del Consiglio,
e quindi dal Parlamento.
La discriminante dell’UMANITÀ emerge a chiare
lettere anche dal testo, e non solo dalla priorità mostrata dal Governo nel
respingere profughi e migranti e nel criminalizzare le Organizzazioni Non
Governative impegnate nei salvataggi dei naufraghi nel Mar Libico: “UMANITÀ”
che non compare mai quale soggetto unitario, titolare dei problemi globali del
pianeta Terra (ci sono solo “gli italiani”, oppure “i cittadini”), ed “UMANITÀ”
che si esclude di provare come sentimento portante ed empatia nei confronti
degli ultimi della Terra, né per accoglierli quando bussano alle nostre porte (i
richiedenti asilo visti come dovere mal sopportato, da ripartire con gli altri
paesi europei, migranti visti come “la minaccia dal fronte meridionale alla
sicurezza della nazione”), né per “aiutarli a casa loro”, perchè dei programmi
di cooperazione internazionale non vi è traccia nel contratto, troppo impegnato
sul benessere “dei cittadini”.
A mio avvio
senza compartecipazione con l’intera umanità non esiste una vera sostenibilità
ambientale, e non solo per motivi di equità, ma anche perché l’aggravamento
degli squilibri internazionali alla lunga non giova né alla stabilità politica
(e quindi alla sicurezza militare) né alla implementazione delle politiche
ecologiche.
Altra questione fondamentale è quella delle DISUGUAGLIANZE
SOCIALI, che nel Contratto sono esaminate solo verso il basso, prospettando ai
disoccupati (italiani) il reddito di cittadinanza ed il sostegno nella ricerca
del lavoro, il salario minimo e la riaffermazione dei diritti sociali
fondamentali (istruzione e sanità; acqua pubblica; NOTA: non invece la casa,
l’informazione, l’energia), ma volutamente ignorate verso l’alto, con 3
sole eccezioni:
-
la ricerca di una tassazione dei colossi
multinazionali del web, ma isolata da una visione complessiva sia del ruolo
monopolistico e manipolatorio (sui nostri dati) da parte di tali imprese, sia
del controllo fiscale su tutte le multinazionali e sul connesso problema dei
‘paradisi fiscali’;
-
i privilegi della ‘casta dei politici in pensione’
(vitalizi) e dell’attigua ‘casta dei pensionati d’oro’ (la cui auspicabile eliminazione produrrà pochi quattrini, mentre il
denunciarli ha fruttato milioni di voti…).
La contestuale promessa della “flat tax”, cioè
dell’abbattimento delle aliquote progressive nelle imposte sui redditi, equivale alla proclamazione della SANTITÀ DI
TUTTI GLI ALTRI PRIVILEGI SOCIALI, derivanti da rendita o da profitto, dagli
altissimi stipendi dei manager e dai
proventi delle speculazioni finanziarie, perché, apparentemente, non sono soldi
‘tolti ai cittadini’ (salvo promettere a parte di questi privilegiati anche
convenienti forme di condono fiscale, queste sì a spese degli altri cittadini, che spero in tal caso scendano in piazza
gridando “Onestà, Onestà”).
E senza lotta
alle disuguaglianze, sempre a mio avviso, non c’è sostenibilità ambientale, non
solo per motivi etici, ma perché il pianeta Terra non potrà sopportare a lungo
l’espansione di consumi opulenti, né il sistema finanziario sopportare l’accumulo
senza fine di ricchezze finanziarie ‘vaganti’ (soprattutto se vagano ‘off
shore’).
Tralascerei, benchè decisiva, la questione della
COMPATIBILITÀ ECONOMICA delle promesse di governo rispetto alle risorse
disponibili, perché argomento già dissezionato da molti autorevoli commentatori (forse tra questi va
contemplato anche il ministro dell’Economia Tria, i cui pacati ragionamenti sembrano estranei agli
slanci della compagine del suo stesso governo: vedremo a settembre chi scriverà la ‘Finanziaria’ e cosa ci
scriverà dentro): ma il conflitto tra le facili promesse e la dura realtà
economica non mina la sostenibilità ambientale solo sul fronte della stabilità
dei prezzi e dei risparmi (a mio avviso
non c’è sostenibilità ambientale senza sostenibilità socio-economica, e non
possono esserci priorità ecologiche di spesa se franano le finanze pubbliche), ma
anche nella prospettiva (per altro,
credo, fallace) di un rilancio della crescita del PIL oltre il 3% annuo, in
un paese già sviluppato, misura che renderebbe forse credibili le ipotesi di
diminuzione del debito pur attraverso un temporaneo maggior ‘deficit spending’
(un keynesismo assai fuori contesto),
ma minaccerebbe in sostanza la stessa compatibilità ambientale in quanto
fondato su un eccesso di ‘consumi opulenti’.
E qui vengo al punto specifico del paragrafo
ambientale del Patto di Governo, che risulta decorosamente scritto (con
positivi accenni allo stop al consumo di suolo, ai trasporti pubblici, alla
prevenzione idro-geologica – ma non a quella anti-sismica -), però
imperniandosi su un concetto di ‘ECONOMIA CIRCOLARE’ che prevede, per le
risorse non rinnovabili, un obbligo di investimenti compensativi per la ricerca
di risorse alternative (e rinnovabili), ma non mette in discussione il tabù
della CRESCITA INFINITA (il tema della ’decrescita felice’, echeggiato dal
M5Stelle dei primordi, si è estinto lungo il percorso di avvicinamento alla
governabilità, ben prima di associarsi alle armate leghiste): così ai trasporti
pubblici sembra affiancarsi una allegra simpatia verso i veicoli privati,
purché elettrici, e gli allarmi per le problematiche di manutenzione del
territorio (fragilità idro-geologica e sismica) non si coniugano con la
necessità di ingenti e prioritari investimenti pubblici (od agevolati), investimenti
non quantificati dal Patto, ed a mio
avviso non compatibili con le promesse di tassazione non progressiva e di sostegno
ai consumi privati (anche attraverso il reddito di cittadinanza).
Per finire questa carrellata sui punti nodali del Patto
e della sua sostenibilità (mi riservo di
commentare successivamente altri temi presenti nel Patto, ma che non a caso
sono stati ignorati in Parlamento e rimangono marginali nel confronto
mediatico, come democrazia diretta, scuola, università) mi sembra che la
carenza più vistosa sia quella sulla VISIONE INTERNAZIONALE: nel documento l’Italia
appare vessata dall’Europa (e si elencano puntigliosamente le possibili
rivendicazioni, in parte anche condivisibili) e minacciata a Sud dai gommoni
dei migranti; in questa chiave la Russia è solo un cliente commerciale per il ns.
Export agroalimentare, da liberare dalle sanzioni, ed un possibile alleato ‘contro
il terrorismo’ (tranne evidentemente quello dei suoi amici governativi siriani,
ceceni o egiziani).
Non si coglie nulla di quanto tragicamente sta
avvenendo nel mondo, riguardo al ritorno ai nazionalismi, dalle guerre
commerciali/daziarie alla nuova corsa agli armamenti, riguardo al rafforzarsi
dell’autoritarismo in regimi formalmente democratici, come la Turchia e la
suddetta Russia, oppure formalmente ‘comunisti’, come la grande potenza cinese,
riguardo all’incancrenirsi delle tensioni in Medio Oriente (malgrado la
sconfitta dell’ISIS), riguardo all’affanno delle democrazie in America Latina,
per non parlare dell’Africa, e nemmeno sulla pericolosità della presidenza
Trump, con particolare attenzione all’abbandono delle opzioni ambientaliste sul
cambio climatico, ed anche – a mio
modesto avviso - alla permanenza di basi
americane (non basi “NATO”) in Italia, al comando di un megalomane
imprevedibile e fuori dalla sovranità italiana (dove va a finire il
sovranismo?); nonché allo strapotere dei nuovi monopoli del web, delle
imprese multinazionali e della grande finanza.
E’ rispetto a questa realtà che andrebbe definito
il ruolo dell’Italia in Europa, ed il ruolo dell’Europa nel mondo (e non solo
per le grandi questioni della pace, del clima, dell’energia, ma anche di
conseguenza per gli indirizzi di politica industriale e di politica della
ricerca), mentre mi pare abbastanza
trascurabile il possibile ruolo autonomo della sola Italia in questo tipo di
mondo: a che vale strappare dai partners europei uno 0,5% di deficit in deroga
oppure il trasferimento di una quota di richiedenti asilo, se non si contrasta (o
forse lo si auspica?) il possibile tracollo del disegno complessivo dell’Europa
e del suo insostituibile posto nel mondo come faro dei diritti/del diritto e
della coesistenza pacifica, dell’ambientalismo
e dell’inclusione sociale (meglio se un po’ di più di quella
sopravvissuta alla crisi)?
Quale sarà la
“sostenibilità ambientale” di un mondo senza una seria unità europea? Assai
precaria ed improbabile, a mio avviso.
PERVENUTO TRAMITE FACE-BOOK
RispondiEliminaSempre approfondite e interessanti le tue osservazioni in un mondo social che si accontenta delle frasi fatte da altri, al massimo di quattro righe!
A.P.
PERVENUTO TRAMITE FACE-BOOK
RispondiEliminaUn'attenta analisi sui contenuti assai incoerenti del famigerato contratto. Riflessioni con le quali concordo appieno.
M.C.
PERVENUTO TRAMITE E-MAIL
RispondiEliminaCarissimo, evito sempre di più l'uso del termine "sostenibilità ambientale", come credo di averTi segnalato con un mio pensiero "debole" (come lo sono io, ovviamente) datato novembre 2017. Non per essere certamente anticipatore di chissà che cosa, ma semplicemente per significare la lontananza che tengo e voglio tenere dall'uso di determinati termini; se è vero che i difetti quando vengon di moda sono virtù.
Tutto sostanzialmente il Tuo pensiero analitico mi aggrada anche, come sempre atomizzante ed atomizzato come la nebulosa che si crea per irrorare alcune vegetazioni. Per dirne una, la Nestlè sta acquisento pozzi ed acque dai piccoli comuni in brasile che oltretutto, paese ricco di acqua soffre della medesima crisi. Ben vengano le acquisizioni! cinismo consolidato, evitano le guerre e poi restituiscono ai diseredati imbarcati o semplicemente appiedati, ultimi o penultimi del mondo e sotto la piramide sociale, ovviamente, la loro acqua in bottigliette con grande soddisfazione. Tutto questo è dentro, appartiene, si manifesta, prende forma, nel capitalismo schizzofrenico che forse non morirà, se agonizza, si riprende perchè le sue leggi appaiono come divine. E fra le divinità "laiche" quella tecnologica è la migliore scoperta. Da alimentare in tanti modi. Si dirà che però contribuisce a creare un mondo migliore et bla.bla bla.
Ma ti pare che questi neofiti (neanche tutti) riescano a governare tutti questi belli processi? Che tolgano i privilegi, fermino alcuni lavori inutili, diano qualche illusione materiale ai giovani, potrebbe essere!
Piccoli passi per grandi cambiamenti.
Al proposito: a che punto è il boicottaggio dei prodotti USA post elezione di Trump? ( non è che con la mia vecchia e di seconda mano BMW R75/5 possa sventolare chi sa quale bandiera, ma non è la Harley)
(OMISSIS)
M.F.