Su questo argomento pochi mesi addietro ho recensito il “Rapporto 2014”
del Centro di ricerca sui Consumi di Suolo (più recente ed anche più esaustivo),
e sono in attesa di conoscere gli atti del convegno tenuto a Milano nello
scorso maggio 2015, a cura dell’istituto ISPRA (Ministero Ambiente) in
collaborazione con “Salviamo il Paesaggio”.
Il testo “Governare il consumo di
suolo” di Mauro Giudice e Fabio Minucci edito nel 2013 da Alinea editrice di
Firenze (pagg. 133) è distribuito insieme con il volume “Il consumo di suolo
dalla Provincia di Torino all’arco Mediterraneo” (sempre a cura di Giudice e
Minucci, pagg. 69), che riassume la ricerca europea “OSDDT-MED”, ed insieme costituiscono
una buona panoramica sulla questione
suolo, da un ottica tipicamente INU/Poli Torino (purtroppo la lettura è talora disturbata dai numerosi refusi, insoliti
per l‘editore Alinea e contrastanti con la valida impaginazione e presentazione
grafica di ambedue i libri).
Il primo testo, che chiamerò
“volume 1”, è più teorico e di inquadramento generale, anche se a mio avviso talvolta un po’ verboso e non stringente.
Nelle parti introduttive si
occupa in prevalenza di:
- Percezione e misurazione (e comunicazione) del
fenomeno del consumo di suolo;
-
Connessione tra consumo di suolo e limiti delle
risorse (alimentari, energetiche, ecc.), riportando, senza approfondirli, i
tentativi di calcolo della cosiddetta “impronta ecologica” (la superficie di
suolo pro capite mediamente necessaria per l’insieme dei consumi e degli
smaltimenti);
- Frammentazione fisica e istituzionale, che
favorisce il consumo di suolo;
- Norme sulla finanza degli enti locali, che
incentivano le nuove costruzioni, alimentando la spesa corrente con gli oneri
di urbanizzazione;
- Dialogo volontario tra le regioni del
nord-Italia (dialogo a mio avviso
sopravvalutato nei suoi effetti)
Nella parte più narrativa non si comprende bene, a mio avviso, il
perché delle tendenze della “città post-fordista” allo spreco di suolo e allo
“sprawl” extra-urbano, e della difficoltà a realizzare “città attraenti”
(funzionali anche alla concorrenza virtuosa tra territori): la frammentazione
istituzionale, i costi di insediamento (vedi volume 2) e la finanziarizzazione
del mercato immobiliare mi sembrano cause insufficienti per un fenomeno così
globale, in cui entrano a mio avviso fattori antropologici e sociologici qui
non indagati, e che prendono la mosse dalla stessa città fordista, quando gli
operai, oltre a produrre automobile, cominciano anch’essi a possederle e ad
usarle (ovvero: perché ha successo di
mercato la città diffusa?)
Seguono nel “volume 1” contributi
concreti sulla situazione e sulle
iniziative delle regioni italiani più sensibili all’argomento, che riassumo
brevemente:
-
Piemonte (autore lo stesso Giudice): contiene
fondate critiche all’intero ciclo della vita effettiva della legge regionale
56/77, che il buon padre Astengo aveva pensato per tutelare il suolo, fino
all’ultima revisione, positiva ma non cogente;
-
Lombardia (autore Andrea Arcidiacono - vedi
“Rapporto 2014”): illustra le analitiche campagne di misurazione condotte in
Lombardia e le finora scarse conclusioni operative contro il consumo di suolo
(senza poter arrivare alla recentissima apposita legge regionale, la prima in
Italia, che però fa salve ed addirittura “blindate” tutte le previsioni di
espansione dei vigenti piani comunali) ;
-
Veneto (autrice Laura Fregolent): focalizza le tendenze allo spreco di suolo sull’asse
padano Verona-Treviso e l’insorgere di conflittualità sociali sugli ulteriori
progetti rilevanti di insediamento e infrastrutturazione;
-
Emilia Romagna (autrice Graziella Guaragno,
funzionaria regionale): esamina i
risultati assai parziali della Legge Regionale del 2000 e dei conseguenti PTCP
provinciali (rallentamento ma conferma dei meccanismi espansivi) ed illustra le
nuove migliori intenzioni della legge del 2009 e del Piano Territoriale
Regionale del 2010 (interessante l’attenzione alle “città effettive”), mentre
ci si interroga sul divenire dei necessari “piani di area vasta” vista la
riforma nazionale che semi-abolisce le Provincie;
-
Toscana (autrice: Chiara Agnoletti): evidenzia
l’inerzia delle tendenze alla espansione urbana nei piani comunali, malgrado il
succedersi di leggi regionali che invitano i comuni stessi a contrastarla
(l’articolo non prende ancora in esame
il recentissimo Piano Paesaggistico Regionale ed i suoi sperabili effetti in
materia).
Il tratto comune a questi rendiconti regionali è la constatazione che
forse si inizia a predicare bene (cambiando lingua comunque ad ogni confine di
regione), ma ovunque si fatica a smettere di razzolare male.
Nella parte finale del “volume 1”,
più programmatica, a partire dal concetto che la limitazione del consumo di
suolo può derivare solo da un insieme articolato di azioni, e non solo da puri
vincoli normativi e settoriali, gli Autori illustrano strumenti e strategie,
tra cui (riassumo in parte con parole mie):
-
Provvedimenti legislativi nazionali,
intersettoriali (riassetto enti locali, economia, agricoltura) coordinamento tra le regioni;
-
Aggregazioni intercomunali e piani di area vasta
(per superare confini artificiosi e perniciose concorrenze campanilistiche),
con vera ed efficace Valutazione Ambientale Strategica, da cui derivare la
verifica del carico ambientale di ogni scelta insediativa;
- Idonea fiscalità “di scopo”, con la sostanziale
avocazione delle plusvalenze immobiliari alla finanza pubblica;
- Pianificazione integrata, con priorità alla
manutenzione del territorio, alla rigenerazione urbana ed agli interessi
pubblici e non in rincorsa agli investimenti privati;
- Sviluppo partecipato della conoscenza delle
problematiche ambientale e della tutela del suolo
Il “volume 2” (“Il consumo di
suolo dalla Provincia di Torino all’arco Mediterraneo”) ha un taglio più pratico e racconta il progetto europeo di
ricerca OSDDT-MED (acronimo che significa: occupazione del suolo e sviluppo
durevole del territorio sull’arco mediterraneo).
La parte iniziale del testo
espone le tendenze al consumo di suolo a scala europea e contiene un
approfondimento sulle tendenze in atto nella provincia di Torino (ed in
particolare nelle aree pianeggianti e di prima collina), esprimendo
preoccupazione per i dati medi di consumo di suolo fino al 2006, poi attenuati
(vuoi per la crisi, vuoi per più virtuose politiche, consolidate
successivamente dal nuovo PTCP provinciale del 2009-2010), ma anche per le
residue previsioni dei piani comunali vigenti, che non saranno però cancellate
né dal “PTCP2” né dall’ultima versione della legge regionale “tutela ed uso del
suolo”
La parte centrale del “volume 2”
descrive gli indicatori quantitativi sperimentati dai vari partner internazionali
del progetto, che risultano più raffinati che non la semplice quantità di consumo del suolo, la
sua dinamica temporale e la media pro capite, perché includono:
-
La articolazione per suolo fertile, per fasce altimetriche,
per incidenza su aree a rischio idro-geologico, a rischio di incidenti, oppure variamente
soggette a tutela
-
Indicatori di dispersione (sprawl)
-
Indicatori di frammentazione: per infrastrutture
lineari, per “fattore di forma” degli abitati (rapporto perimetro/superficie,
che premia le forme compatte, a mio
avviso però con un notevole schematismo rispetto alla concretezza delle
geografie e delle storie)
Al termine del “volume 2” sono
esposte alcune indicazioni programmatiche, simili in gran parte a quelle del
“volume 1” (tra cui: una effettiva conoscenza eco-sistemica del territorio;
concertazione e partecipazione; progettazione integrata multi-criteri), tranne
la rivendicazione di un quadro normativo superiore, che qui assume scala
continentale (direttiva europea), anziché solo nazionale, e quella di adeguati
incentivi finanziari agli enti locali interessati alla nuova pianificazione,
che forse nella situazione italiana suona troppo ottimistica.