Ho letto e apprezzato il
documento di convocazione dell’assemblea nazionale di www.coalizione-sociale.it,
e ritengo che quello proposto da Landini, Rodotà&C., cercare di far
crescere iniziative su temi concreti, sia il metodo più serio per promuovere
una eventuale ed auspicabile alternativa di sinistra, per dare risposta a chi
si trova socialmente spiazzato dallo sviluppo e dalla crisi del neo-liberismo.
Cercando di uscire dalle consunte
retoriche post-comuniste e senza fregole elettorali a breve termine: si sfugge
così per ora anche al dilemma se si intenda innanzitutto “far perdere il PD”
(in considerazione del rilevante peso che oggi hanno altre alternative, ben
dentro il consenso popolare, a destra verso Salvini e “né a destra né a
sinistra” con il M5S).
Belli anche molti temi, sul
lavoro, i beni comuni, gli spazi pubblici, la casa, la città e l’ambiente come diritti.
Ci vedo anche molti PERO’, problematiche
insite in una galassia movimentista, per ora senza altre regole che non il
confronto democratico-assembleare (e con l’ombra di una leadership incarnata
dal dirigente ufficiale di un sindacato di categoria, la FIOM, dove non tutti
gli iscritti forse si sentono rappresentati in queste scelte di campo).
Espongo pertanto alcuni di questi
dubbi (anche sulla scorta di una personale riflessione sui movimenti degli anni
60-70 del secolo scorso):
1 - Oltre ai richiami alla
Costituzione, esiste un ragionamento sugli strumenti di lotta, sulla
non-violenza, sulla legalità oppure sulla eventuale e consapevole effrazione
della legalità? Non mi preoccupano le curiose presenze tra il pubblico di
Scalzone e Piperno, quanto la popolarità in parte dei movimenti antagonisti di
posizioni come quella di Erri De Luca sulle azioni di sabotaggio in area NoTAV, che scontano l’assenza di una
maturazione sul concetto di disobbedienza civile: a mio avviso l’esperienza dei
movimenti non-violenti (Gandhi, Mandela, M.L. King) deve portare chi lotta,
anche violando a viso scoperto la legalità, alla accettazione delle conseguenti
sanzioni, in attesa ed in mancanza di una diversa legittimazione (che può
venire solo dall’effettivo consenso di massa e non dalla autoreferenzialità
delle avanguardie, ovvero dall’antagonismo con il casco ed il passamontagna).
2 – C’è una analisi condivisa
sulla gerarchia delle contraddizioni, su chi è il “nemico principale”? Se il nemico da battere è il
“finanz-capitalismo”, bisogna stare attenti a non confondersi con altri suoi
nemici a parole, come il nazionalismo sciovinistico (da LePen a
Salvini-Meloni); a mio avviso ad esempio non si può arrivare a concludere che
comunque Renzi è peggio di tutto, Berlusconi&C. compresi.
3 – Tutto ciò che si agita è
buono? Non ne sono convinto: ad esempio nelle proteste dei professori ci vedo
molto corporativismo (come ho già illustrato in altro testo) e non li vedo
lottare, in sostanza, né per l’estensione dell’obbligo scolastico, né per
l’ampiamento del diritto allo studio.
4 – L’insieme delle potenziali lotte
per i diritti è coerente, al suo interno? Oppure anche i diritti talora confliggono tra
loro (non solo contro il neo-liberismo) – ad esempio tra lavoro, ambiente,
casa, mobilità – e quindi vanno fin dall’inizio studiate regole per governare
tali conflitti “in seno al popolo”?
5 – La sommatoria delle lotte
risulta congruente, all’esterno, con un potenziale consenso maggioritario,
necessario per una trasformazione non-violenta del sistema neo-liberista?
Oppure, avallando i movimenti, si rischia talora di acuire contraddizioni con
esiti controproducenti (ad esempio, che effetti avrebbe un referendum sul Job
Act nell’ipotesi non remota di una sconfitta, come già accadde sul tentativo di
estensione dell’art. 18 alle piccole aziende)?
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