venerdì 26 giugno 2015

GOVERNARE IL CONSUMO DI SUOLO? IL SAGGIO DI GIUDICE&MINUCCI E LA RICERCA EUROPEA OSDDT-MED

Su questo argomento pochi mesi addietro ho recensito il “Rapporto 2014” del Centro di ricerca sui Consumi di Suolo (più recente ed anche più esaustivo), e sono in attesa di conoscere gli atti del convegno tenuto a Milano nello scorso maggio 2015, a cura dell’istituto ISPRA (Ministero Ambiente) in collaborazione con “Salviamo il Paesaggio”.

Il testo “Governare il consumo di suolo” di Mauro Giudice e Fabio Minucci edito nel 2013 da Alinea editrice di Firenze (pagg. 133) è distribuito insieme con il volume “Il consumo di suolo dalla Provincia di Torino all’arco Mediterraneo” (sempre a cura di Giudice e Minucci, pagg. 69), che riassume la ricerca europea “OSDDT-MED”, ed insieme costituiscono  una buona panoramica sulla questione suolo, da un ottica tipicamente INU/Poli Torino (purtroppo la lettura è talora disturbata dai numerosi refusi, insoliti per l‘editore Alinea e contrastanti con la valida impaginazione e presentazione grafica di ambedue i libri).

Il primo testo, che chiamerò “volume 1”, è più teorico e di inquadramento generale, anche se a mio avviso talvolta un po’ verboso e non stringente.
Nelle parti introduttive si occupa in prevalenza di:
-               Percezione e misurazione (e comunicazione) del fenomeno del consumo di suolo;
-          Connessione tra consumo di suolo e limiti delle risorse (alimentari, energetiche, ecc.), riportando, senza approfondirli, i tentativi di calcolo della cosiddetta “impronta ecologica” (la superficie di suolo pro capite mediamente necessaria per l’insieme dei consumi e degli smaltimenti);
-               Frammentazione fisica e istituzionale, che favorisce il consumo di suolo;
-        Norme sulla finanza degli enti locali, che incentivano le nuove costruzioni, alimentando la spesa corrente con gli oneri di urbanizzazione;
-              Dialogo volontario tra le regioni del nord-Italia (dialogo a mio avviso sopravvalutato nei suoi effetti)
Nella parte più narrativa non si comprende bene, a mio avviso, il perché delle tendenze della “città post-fordista” allo spreco di suolo e allo “sprawl” extra-urbano, e della difficoltà a realizzare “città attraenti” (funzionali anche alla concorrenza virtuosa tra territori): la frammentazione istituzionale, i costi di insediamento (vedi volume 2) e la finanziarizzazione del mercato immobiliare mi sembrano cause insufficienti per un fenomeno così globale, in cui entrano a mio avviso fattori antropologici e sociologici qui non indagati, e che prendono la mosse dalla stessa città fordista, quando gli operai, oltre a produrre automobile, cominciano anch’essi a possederle e ad usarle  (ovvero: perché ha successo di mercato la città diffusa?)

Seguono nel “volume 1” contributi  concreti sulla situazione e sulle iniziative delle regioni italiani più sensibili all’argomento, che riassumo brevemente:
-          Piemonte (autore lo stesso Giudice): contiene fondate critiche all’intero ciclo della vita effettiva della legge regionale 56/77, che il buon padre Astengo aveva pensato per tutelare il suolo, fino all’ultima revisione, positiva ma non cogente;
-          Lombardia (autore Andrea Arcidiacono - vedi “Rapporto 2014”): illustra le analitiche campagne di misurazione condotte in Lombardia e le finora scarse conclusioni operative contro il consumo di suolo (senza poter arrivare alla recentissima apposita legge regionale, la prima in Italia, che però fa salve ed addirittura “blindate” tutte le previsioni di espansione dei vigenti piani comunali) ;
-          Veneto (autrice Laura Fregolent): focalizza  le tendenze allo spreco di suolo sull’asse padano Verona-Treviso e l’insorgere di conflittualità sociali sugli ulteriori progetti rilevanti di insediamento e infrastrutturazione;
-          Emilia Romagna (autrice Graziella Guaragno, funzionaria regionale):  esamina i risultati assai parziali della Legge Regionale del 2000 e dei conseguenti PTCP provinciali (rallentamento ma conferma dei meccanismi espansivi) ed illustra le nuove migliori intenzioni della legge del 2009 e del Piano Territoriale Regionale del 2010 (interessante l’attenzione alle “città effettive”), mentre ci si interroga sul divenire dei necessari “piani di area vasta” vista la riforma nazionale che semi-abolisce le Provincie;
-          Toscana (autrice: Chiara Agnoletti): evidenzia l’inerzia delle tendenze alla espansione urbana nei piani comunali, malgrado il succedersi di leggi regionali che invitano i comuni stessi a contrastarla (l’articolo non prende ancora  in esame il recentissimo Piano Paesaggistico Regionale ed i suoi sperabili effetti in materia).
Il tratto comune a questi rendiconti regionali è la constatazione che forse si inizia a predicare bene (cambiando lingua comunque ad ogni confine di regione), ma ovunque si fatica a smettere di razzolare male.

Nella parte finale del “volume 1”, più programmatica, a partire dal concetto che la limitazione del consumo di suolo può derivare solo da un insieme articolato di azioni, e non solo da puri vincoli normativi e settoriali, gli Autori illustrano strumenti e strategie, tra cui (riassumo in parte con parole mie):
-          Provvedimenti legislativi nazionali, intersettoriali (riassetto enti locali, economia, agricoltura)  coordinamento tra le regioni;
-          Aggregazioni intercomunali e piani di area vasta (per superare confini artificiosi e perniciose concorrenze campanilistiche), con vera ed efficace Valutazione Ambientale Strategica, da cui derivare la verifica del carico ambientale di ogni scelta insediativa;
-                 Idonea  fiscalità “di scopo”, con la sostanziale avocazione delle plusvalenze immobiliari alla finanza pubblica;
-             Pianificazione integrata, con priorità alla manutenzione del territorio, alla rigenerazione urbana ed agli interessi pubblici e non in rincorsa agli investimenti privati;
-                  Sviluppo partecipato della conoscenza delle problematiche ambientale e della tutela del suolo

Il “volume 2” (“Il consumo di suolo dalla Provincia di Torino all’arco Mediterraneo”) ha un taglio più  pratico e racconta il progetto europeo di ricerca OSDDT-MED (acronimo che significa: occupazione del suolo e sviluppo durevole del territorio sull’arco mediterraneo).

La parte iniziale del testo espone le tendenze al consumo di suolo a scala europea e contiene un approfondimento sulle tendenze in atto nella provincia di Torino (ed in particolare nelle aree pianeggianti e di prima collina), esprimendo preoccupazione per i dati medi di consumo di suolo fino al 2006, poi attenuati (vuoi per la crisi, vuoi per più virtuose politiche, consolidate successivamente dal nuovo PTCP provinciale del 2009-2010), ma anche per le residue previsioni dei piani comunali vigenti, che non saranno però cancellate né dal “PTCP2” né dall’ultima versione della legge regionale “tutela ed uso del suolo”

La parte centrale del “volume 2” descrive gli indicatori quantitativi sperimentati dai vari partner internazionali del progetto, che risultano più raffinati che non  la semplice quantità di consumo del suolo, la sua dinamica temporale e la media pro capite, perché includono:
-          La articolazione per suolo fertile, per fasce altimetriche, per incidenza su aree a rischio idro-geologico, a rischio di incidenti, oppure variamente soggette a tutela
-          Indicatori di dispersione (sprawl)
-          Indicatori di frammentazione: per infrastrutture lineari, per “fattore di forma” degli abitati (rapporto perimetro/superficie, che premia le forme compatte, a mio avviso però con un notevole schematismo rispetto alla concretezza delle geografie e delle storie)


Al termine del “volume 2” sono esposte alcune indicazioni programmatiche, simili in gran parte a quelle del “volume 1” (tra cui: una effettiva conoscenza eco-sistemica del territorio; concertazione e partecipazione; progettazione integrata multi-criteri), tranne la rivendicazione di un quadro normativo superiore, che qui assume scala continentale (direttiva europea), anziché solo nazionale, e quella di adeguati incentivi finanziari agli enti locali interessati alla nuova pianificazione, che forse nella situazione italiana suona troppo ottimistica.

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