LA LIMITAZIONE AL
CONSUMO DI SUOLO: PARTE 2^ - LA LEGGE CATANIA E GLI SVILUPPI DELL’URBANISTICA
ITALIANA
di Aldo Vecchi
Il tema del risparmio
del suolo nel dibattito culturale italiano:
-
piani urbanistici
comunali e consumo di suolo zero, in Italia ed altrove
-
le iniziative delle
Regioni e il disegno di legge nazionale contro il consumo di suolo
- luci ed ombre della nuova proposta di legge contro il
consumo del suolo
- agenda ambientalista d’autunno/inverno.
Riassunto:
nell’ambito di una attenzione internazionale sul tema del risparmio nel consumo
di suolo, il disegno di legge “Catania”, approvato dalla Camera dei Deputati,
rappresenta un primo passo formale (seppur discusso e discutibile) in questa
direzione, preceduto dal dibattito scientifico e dalle esperienze di alcuni
Piani comunali e provvedimenti regionali in materia.
Il “Rapporto 2016” dell’ISPRA (vedi
PARTE 1^ DEL SERVIZIO SU “UTOPIA 21”, settembre 2016) costituisce un punto
avanzato di convergenza tra gli sviluppi delle ricerche condotte negli ultimi
anni dallo stesso ISPRA (già in collaborazione con le Agenzie
Regionali/Provinciali ARPA&APPA nella rete che la recente legge 166/2016 NOTA
1
formalizza come Servizio Nazionale di Protezione dell’Ambiente), dall’ISTAT, da
importanti Poli di Ricerca connessi alle Università (in primis il CRCS – Centro
di Ricerca Consumo Suolo – costituito da Politecnico di Milano/DAtSU, INU e
Lega Ambiente; le elaborazioni del Politecnico di Torino con la ex-Provincia
torinese; l’Università del Molise ed altri sul fronte agronomico e pedologico;
ecc.), nonché dal movimento “Salviamo il Paesaggio”, coalizione tra le
principali organizzazioni ambientaliste nazionali e numerosi comitati locali,
che dal 2011 ha promosso “dal basso” una proposta di legge nazionale contro il
consumo di suolo ed un censimento dei fabbricati inutilizzati, e nel 2015 ha
promosso con ISPRA un importante “convegno scientifico”, i cui atti costituiscono
premessa ed integrazione del Rapporto 2016.
Sarebbe interessante
approfondire meglio, in altra occasione, le origini storiche in Italia di
questa attenzione al tema del suolo, in parte indagate da alcuni interventi al
suddetto Convegno del 2015 (con rimandi alle esperienze di Pierluigi Cervellati
nel recupero del centro storico a Bologna nel 1970, fino al recente Piano
Paesaggistico promosso da Anna Marson in Toscana).
Personalmente, e guardando dal
versante urbanistico della questione, mi piace invece ricordare anche la
personalità di Giovanni Astengo che – pur in un quadro generale di cultura
razionalista e sviluppista, appena incrinato dalla crisi petrolifera e dal “Rapporto al
Club di Roma”,
agli inizi degli anni ’70 – nel ‘77 volle intitolare “Tutela ed uso del suolo”
la innovativa legge urbanistica
regionale del Piemonte, e finché poté gestirla personalmente (e tramite
i suoi missi dominici nei
comprensori), cioè fino alle successive elezioni del 1980, dimostrò la
effettiva possibilità di evitare lo spreco del suolo, promuovendo anche la
specifica ricerca dell’IPLA sulla
fertilità dei diversi suoli; dopo di che, sotto il cappello della stessa legge,
opportunamente addomesticata, in Piemonte si è fatto di tutto in direzione
opposta, dai grandi outlet di Serravalle, Vicolungo e Mondovì alle sbrodolate
di capannoni e centri commerciali lungo gran parte delle strade nazionali,
regionali e provinciali.
Analoghe contraddizioni tra il
predicare buoni principi generali ed il razzolare assai male (o, almeno,
consentire razzolamenti diffusi a fianco di pochi esempi virtuosi) si sono
ripetute nelle leggi urbanistiche delle altre regioni, con poche eccezioni
positive, come Trentino e Alto Adige, e con recenti ravvedimenti operosi negli
ultimi anni, di cui tratterò più avanti nel testo.
L’esempio più clamoroso di
schizofrenia in materia a mio avviso è stato realizzato dall’Expo 2015 a
Milano/Rho, che mentre ha dato efficacia a svariati messaggi, in parte più
generici e ambigui ed in parte pregnanti e quasi operativi, proprio sui temi
del cibo, dell’agricoltura, dell’ambiente e sui bisogni dell’uomo e del pianeta
Terra, si è compiuta distruggendo materialmente ed irreversibilmente un milione
di m2 di terreno agricolo, già fertile e coltivato.
L’Expo ha costituito tuttavia
una delle poche occasioni perché i temi attinenti agli usi del suolo
raggiungessero la pubblica opinione, attraverso i mezzi di comunicazione di
massa, tra i quali ritengo che emergesse, per completezza e pacatezza, la
trasmissione televisiva “Scala Mercalli” (che infatti pare sarà abolita,
lasciando il campo in RAI da un lato ai racconti consolatori pomeridiani stile
Geo&Geo e dall’altro alle inchieste sensazionaliste in stile
Iacona&Gabanelli).
PIANI
URBANISTICI COMUNALI E CONSUMO DI SUOLO ZERO: IN ITALIA ED ALTROVE
Nell’insieme, nella migliore
tradizione dell’urbanistica riformista del secondo novecento ed anche nelle
proposte di riforma dei Piani propugnate dall’Istituto Nazionale di Urbanistica
(congresso di Bologna del 1996: sdoppiamento tra piano strutturale e piano
operativo; co-pianificazione; perequazione) ed in parte recepite da diverse
Regioni, la preoccupazione ambientale per le sorti del suolo agricolo e naturale,
pur presente in contrapposizione alle concezioni liberiste ed alle
pianificazioni iper-trofiche, non ha mai assunto l’assetto categorico del
“consumo di suolo zero”, che invece è emerso, con alcune esperienze pilota (il
Piano di Governo del Territorio di Cassinetta di Lugagnano, promosso dal
sindaco Finiguerra e redatto da Antonello Boatti nel 2007, alcuni piani di Cervellati “senza espansione”, ed
altri) e, come parola d’ordine politica, solo all’inizio di questo secolo, ed
in modo deciso solo in questo decennio.
L’emergere del “consumo zero”
nella cultura urbanistica italiana può essere visto come processo evolutivo,
constatando la sua affermazione all’interno dell’INU e nei connessi ambienti
accademici: ad esempio il servizio di “Urbanistica” n° 154 su alcuni nuovi
piani volti alla “rigenerazione urbana” si conclude esplicitando la necessità
di un “cambio di paradigma” rispetto all’assetto culturale acquisito negli anni
’90 (Bertrando Bonfantini)
Il passaggio al “consumo zero”
è proposto invece in termini più antagonistici da alcuni partecipanti al
movimento Salviamo il Paesaggio, tra i cui i professori Guido Montanari e Paolo
Berdini (recentemente divenuti assessori nelle nuove Giunte del Movimento5Stelle
rispettivamente a Torino ed a Roma), che individuano nella continuità dei
vigenti piani comunali un pericoloso concentrato di suoli liberi ancora
trasformabili, evidenziandone la correlazione con le bolle finanziarie
speculative che sorreggono ed affossano ad un tempo il sistema bancario: sarà da
vedere quanto la visione radicale di questi urbanisti potrà essere sorretta
dall’ecclettismo interclassista del Movimento che li ospita.
All’attenzione di tutti i
teorici e gli operatori resta il nodo di fondo sul “consumo di suolo zero”,
ovvero se il riuso dei fabbricati abbandonati e sottoutilizzati e delle aree
degradate sia strategicamente sufficiente a soddisfare i bisogni futuri delle
società urbane: se nell’Europa del 21° secolo l’accumulo di strutture urbane
appare complessivamente sovradimensionato rispetto ad economie in
ristrutturazione e a sviluppi demografici sorretti o sospinti solo dalle
immigrazioni (il che può rendere credibile l’orizzonte 2050 per l’obiettivo
europeo “consumo zero”, accettando però incrementi di densità edilizia da precisare
NOTA 2),
occorre verificare se questa ipotesi di “ciclo edilizio sigillato” sia
esportabile anche nei paesi emergenti, ed in quelli sommersi dai risvolti
negativi della globalizzazione, nell’insieme molto più esposti alle pressioni
demografiche e migratorie, e meno attrezzati a sostenere elevati standard
qualitativi di gestione del territorio.
LE
INIZIATIVE DELLE REGIONI E IL DISEGNO DI LEGGE NAZIONALE CONTRO IL CONSUMO DI
SUOLO
In questo contesto, la
necessità di procedere ad una profonda correzione di rotta sul consumo di suolo
al di sopra dei singoli contesti comunali ha cominciato ad affacciarsi anche
nel dibattito politico, prima a livello provinciale (con alcuni più coraggiosi
Piani di Coordinamento Territoriale, a Torino ed in Emilia Romagna) e regionale
(con modifiche delle leggi urbanistiche e con i Piani Paesaggistici, come in
Toscana ed in Puglia e da ultimo in Calabria; ed in modo più esplicito e
completo in Lombardia, con la apposita legge 31 del 2014, e con la connessa
revisione dei Piani Regionali: operazione che però ha il gravissimo difetto di
rinviare ogni effetto ai futuri Piani di Governo del Territorio dei singoli
comuni, blindando nel contempo le previsioni vigenti, anche le più “consumose”,
ed anzi addirittura vietandone varianti al ribasso durante la vigenza degli
attuali PGT, in nome dell’intangibilità dei diritti edificatori “acquisiti” NOTA 3) e da ultimo anche a
livello nazionale, con il disegno di legge promosso dal ministro
dell’Agricoltura Mario Catania, all’interno del governo “tecnico” di Mario
Monti (2011-2013), governo che aveva evidentemente altre priorità ed emergenze,
e quindi non sostenne più di tanto in Parlamento l’iniziativa del Ministro.
Tuttavia, in un quadro
politico tuttora complesso ed ”emergenziale”, ed in assenza di più organiche ed
autorevoli proposte governative in materia di pianificazione territoriale, come
anche di riconversione ecologica dell’economia (ed anzi dopo la sbandata in
direzione opposta del decreto “Sbocca-Italia” del 2014), il disegno di legge
“Catania” è riuscito a riprendere il suo cammino parlamentare, arrivando di
recente all’approvazione da parte della Camera dei Deputati, con un testo un
po’ arricchito ed un po’ stravolto, a colpi di emendamenti (e con un destino
incerto nel passaggio al Senato, dove i problemi politici e numerici della
maggioranza governativa sono notoriamente più acuti, e ancor più lo saranno nei
prossimi mesi, e con altre priorità in agenda).
LUCI ED OMBRE DELLA NUOVA PROPOSTA DI LEGGE CONTRO IL
CONSUMO DEL SUOLO
La proposta iniziale di
Catania, recependo alcuni aspetti del dibattito nazionale ed internazionale,
puntava soprattutto alla tutela dei suoli agricolo produttivi (con il sostegno
su questo fronte delle organizzazioni di categoria dei coltivatori), prospettando
un rallentamento progressivo della crescita urbana da gestire per quote
ridistribuite localmente dalle Regioni, contestualmente ad un censimento dei
fabbricati inutilizzati (come sollecitato da Salviamo il Paesaggio).
Il testo approvato
dalla Camera conserva questo impianto (conservando comunque una logica
addizionale, che rinvia quindi l’effettivo stop al consumo di suolo), ed
inserisce alcune norme finalizzate ad una prospettiva di “rigenerazione urbana”
delle aree dismesse e degradate, in parte operative ed in parte delegate a
successivi decreti governativi, includendo incentivi contributivi a favore
degli interventi di recupero.
Inoltre – accogliendo
finalmente le richieste degli urbanisti e dei movimenti - metterebbe fine alla
scandalosa deviazione degli “oneri di urbanizzazione” a favore selle spese
correnti dei Comuni, in atto dal 2001, che ha spinto molte amministrazioni a
“svendere” il territorio per raddrizzare i bilanci comunali dell’oggi, a
scapito di un probabile indebitamento futuro, quando emergeranno le necessità
di ampliamento e manutenzione delle reti di urbanizzazione (e spesso anche in
danno ai comuni confinanti, che possono subire gli effetti negativi di un
insediamento, senza poter compartecipare ai benefici contributivi e fiscali, poiché
mancano opportune norme di perequazione territoriale sovracomunale, pur
sperimentate in Emilia Romagna).
Il testo della Camera
però attenua l’efficacia della nuova normativa contro il consumo di suolo, con
una serie di differimenti ed esenzioni, in favore di “tutti i servizi di
pubblica utilità di livello generale e locale, le infrastrutture e gli
insediamenti prioritari, le aree funzionali all’ampliamento di attività
produttive esistenti, i lotti interclusi, le zone di completamento, gli
interventi connessi in qualsiasi modo alle attività agricole”.
Lo stesso ISPRA, nel
Rapporto 2016, lamenta che tali esenzioni incidono addirittura sulla
definizione di “suolo consumato”, rendendo assai più complicate le operazioni
di rilevamento e comparazione dei dati.
L’INU inoltre segnala
una sorta di estemporaneità delle norme sulla rigenerazione urbana, non
inserite in un insieme più organico di norme nazionali sulla gestione del
territorio e sulla edificabilità, ancora ferme – come principi - alla Legge
Urbanistica del 1942.
“Salviamo-il-Paesaggio”
e la galassia delle associazioni ambientaliste connesse hanno giudicato molto
negativamente le ambiguità ed i passi indietro del testo legislativo (anche in
relazione alle modalità di consultazione svolte ed all’evidente peso di
contrapposte lobbies più “cementizie”), ma non possono trascurare l’aspetto
positivo costituito dalle affermazioni di principio sui valori del suolo quale
“bene comune” e sull’orizzonte (un po’ rinviato al futuro) dell’azzeramento del
suo consumo.
Ultimamente “Salviamo-il-Paesaggio”
ha comunque ritenuto opportuno rilanciare un suo testo alternativo, da gestire
come legge di iniziativa popolare, per la cui stesura definitiva (in corso in
queste settimane) ha raccolto un prestigioso gruppo di esperti, che include tra
gli altri Anna Marson e Luca Mercalli, Paolo Berdini e Giorgio Ferraresi, Paolo
Pileri e Paolo Maddalena, oltre ai promotori Mortarino e Finiguerra.
AGENDA AMBIENTALISTA D’AUTUNNO/INVERNO
Nei prossimi mesi,
quindi, mentre dovrebbe svilupparsi anche in Italia la campagna People-4-soil”
per chiedere all’Europa una vera direttiva cogente in materia di risparmio del
suolo (ma si oppongono Stati importanti, tra cui Francia e Germania, che
intendono l’argomento come “nazionale”), i soggetti interessati ai temi
ambientali (ed in particolare alla tutela del suolo), dentro e fuori
Salviamo-il-Paesaggio, dovranno precisare una posizione sul disegno di legge
ex-Catania, criticandolo come “bicchiere mezzo vuoto”, difendendolo (e
rivendicandone l’approvazione) come “mezzo pieno”, oppure – ma mi sembra poco
praticabile in questo quadro politico/parlamentare – battendosi per un suo
sostanziale miglioramento in Senato (e ritorno alla Camera); salvo crisi di
governo e/o elezioni anticipate per effetto del possibile esito negativo del
referendum confermativo sulla riforma costituzionale.
NOTE
1 - legge poco nota, forse proprio perché votata quasi all’unanimità
dal Parlamento, senza le consuete contrapposizioni tra le forze politiche, che
tanto piacciono invece ai giornalisti
2 -
nel concreto si aprono diverse strade nell’interpretazione del “consumo di
suolo zero” (in parte testimoniate nel Convegno ISPRA/SiP del 2015 ed in parte
enunciate anche nel “Rapporto 2016”), tra cui quella della “compensazione
preventiva” (Paolo Pileri) nel riuso prioritario delle aree già occupate e/o
dismesse, in un’ottica di “economia circolare, più attenta ai flussi nell’uso
dei suoli e negli effetti ecologici, e quella della ”densificazione” entro
nuove “mura verdi”, con recupero e ri-naturalizzazione dei frammenti dispersi
(come proposto da Ennio Nonni a Faenza), più orientata alla creazione di nuovi
valori urbani.
FIGURA: SCHEMA PER
FAENZA, DA “UNA NUOVA URBANISTICA: E’ POSSIBILE” DI ENNIO NONNI
3 - in teoria nella legge
regionale lombarda n° 12/2005 “per il governo del territorio” gli ambiti di
trasformazione individuati dai piani di Governo del Territorio non dovrebbero
comportare effetti giuridici fino alla approvazione degli strumenti esecutivi:
ma la mancanza di una adeguata legislazione nazionale sul regimo giuridico dei
suoli edificabili determina nei fatti condizioni opposte, a partire
dall’assoggettamento di tali ambiti al pagamento dell’I.M.U.
Fonti:
- I.S.P.R.A.
– CONSUMO DI SUOLO, DINAMICHE TERRITORIALI E SERVIZI ECOSISTEMICI edizione
2016 www.isprambiente.gov.it
- I.S.P.R.A.
& SALVIAMO-IL-PAESAGGIO & SLOW FOOD ITALIA – CONVEGNO “RECUPERIAMO
TERRENO” – MILANO 06-05-2015 – atti, sessione poster, Volume I e II www.isprambiente.gov.it
- SALVIAMO
IL PAESAGGIO www.salviamoilpaesaggio.it
- CENTRO
RICERCA CONSUMO SUOLO (Istituto Nazionale di Urbanistica &
Dipartimento DAStU del Politecnico di Milano & LegaAmbiente) –
“RAPPORTO 2014” tramite www.inuedizioni.com
(a pagamento)
- Mauro
Giudice e Fabio Minucci - “GOVERNARE IL CONSUMO DI SUOLO” - Alinea
editrice 2013 (è distribuito insieme con il volume “IL CONSUMO DI SUOLO
DALLA PROVINCIA DI TORINO ALL’ARCO MEDITERRANEO” (sempre a cura di Giudice
e Minucci), che riassume la ricerca europea “OSDDT-MED
- Pier
Luigi Cervellati e Roberto Scannavini – “POLITICA E METODOLOGIA DEL
RESTAURO” – Il Mulino 1973
- www.regione.toscana.it/-/piano-di-indirizzo-territoriale-con-valenza-di-piano-paesaggistico
- Eduard
Pestel – “OLTRE I LIMITI DELLO SVILUPPO. RAPPORTO AL CLUB DI ROMA” – ISEDI
1988
9. Bruno
Dolcetta, Michela Maguolo, Alessandra Marin – “GIOVANNI ASTENGO URBANISTA.
PIANI PROGETTI OPERE” - Il Poligrafo, 2015
110. Bertrando Bonfantini – “RITORNO ALLA SOSTANZA
DEL PIANO” in “Urbanistica n° 154 luglio-dicembre 2014 (edito in primavera
2016)
113. Ennio
Nonni ed altri - “BIOURBANISTICA – ENERGIA E PIANIFICAZIONE” - Comune di Faenza
2013
114. Ennio
Nonni - “UNA NUOVA URBANISTICA: E’ POSSIBILE” – INU Edizioni 2015
16. I
testi di cui a n° 4-5-11-14 sono stati recensiti su questo blog in
appostiti POST (il n° 11 sotto il nome “Urbanistica 154”).