ROSATELLUM 4 - EUROPA
Riallacciandomi alle
considerazioni che ho formulato di recente a partire dall’approvazione della
nuova legge elettorale per il Parlamento italiano (“Rosatellum”), mi avventuro
ad allargare la riflessione a scala europea, alla luce delle difficoltà di
formazione del nuovo governo in Germania, precedute da analoghe difficoltà in
altri stati con leggi elettorali proporzionali (Olanda e in precedenza Belgio)
o moderatamente maggioritarie (Spagna, Grecia); ed anche nella patria del
maggioritario uninominale a turno unico, la Gran Bretagna, dove il
condizionamento di un gruppo minore (gli unionisti nord-irlandesi) è risultato
più difficile e costoso per la quasi-maggioranza conservatrice, rispetto ad analoghi
casi precedenti.
Sullo sfondo stanno i noti
processi di rimbalzo della globalizzazione (e del finanz-capitalismo, e delle
ondate migratorie) sui sistemi politici nazionali dell’Occidente, con il
declino dei tradizionali schieramenti di centro-destra e (soprattutto) di
centro-sinistra, l’emergere di nuovi populismi e l’inasprimento dei localismi,
prima più moderati o latenti, mentre aumentano l’astensionismo e la sfiducia
nelle istituzioni.
L’insieme si configura anche come
una crisi della stessa democrazia rappresentativa, come l’abbiamo conosciuta
nel secolo scorso, quale strumento di controllo sulle élites e di rinnovo delle
stesse (cioè la forma più avanzata di distribuzione del potere finora sperimentata
alla dimensione dei grandi stati moderni, fondata non solo sulle elezioni a
suffragio universale, ma anche sulla divisione dei poteri e sull’autonomia
della magistratura, e contestualmente su importanti forme di partecipazione
popolare attraverso partiti, sindacati e movimenti).
Senza la pretesa di approfondire
qui ed ora le ampie implicazioni di questa crisi con le problematiche
antropologiche e sociologiche sottese, vorrei solo richiamare l’attenzione
sulla diversità del caso francese, dove la vittoria di Macron, sia alle
presidenziali che alle legislative, non ha certo superato le criticità del
sistema politico (infatti né Macron ha finora catalizzato uno stabile consenso,
né pare avviata una effettiva ristrutturazione delle forze politiche), però ha
tenuto in qualche misura le “istituzioni” al riparo da tali criticità, trovando
comunque legittimazione nel voto popolare (voto che avrebbe potuto anche
premiare la Le Pen o Melenchon, ma – per l’appunto – solo con piena
responsabilizzazione in tal senso degli elettori, attraverso 2 elezioni a
doppio turno).
Le difficoltà sulla strada del 4°
governo Merkel, con probabilità di alleanze forzate tra soggetti politici che
allearsi non vorrebbero (sia nel primo tentativo con Verdi e Liberali, sia ora
nel probabile ritorno dei Socialdemocratici alla “Grosse Koalition”), mostra a
mio avviso la superiorità pratica dei sistemi elettorali a doppio turno con
ballottaggio, dove le alleanze – magari in parte comunque obbligate dagli esiti
del primo turno – devono essere sancite sia dai partiti che dagli elettori (come
da noi avviene per i Comuni, e non sarebbe avvenuto con l’Italicum, che nella
sua ultima versione, anche per questo incostituzionale, escludeva le alleanze
dopo il primo turno).
C’E’ QUALCOSA DI NUOVO A SINISTRA, ANZI D’ANTICO…
Con la sinistra che tenta in
questi gironi di riunirsi (candidando forse Pietro Grasso come aspirante
premier, altrimenti immagino acute difficoltà nell’individuare una leadership)
immagino di trovare ampie consonanze programmatiche (lavoro, sanità, fisco/bonus,
investimenti pubblici) più che culturali (ecologismo superficiale,
neo-keynesismo a-crititico verso l’accumulo del debito, proporzionalismo,
nostalgie varie; non che nel PD ci sia di meglio: dopo che Barca si è defilato,
restano Cuperlo e pochi altri pensatori pensanti).
Ma mi dissocio a-priori dal
minoritarismo e dal settarismo anti-renziano, che mi pare costituiscano il
cemento sostanziale della fusione in atto tra MDP, Possibile e Sinistra
Italiana:
-
Il minoritarismo consiste nel privilegiare lo
sbandieramento dei valori rispetto alla ricerca della strada più efficace per
conseguirli, e nel conseguente accontentarsi di quel 10% che i sondaggi più
benevoli possono oggi accreditare alla nuova aggregazione, senza la voglia e la
capacità di conquistare la maggioranza dei consensi (se non in un ipotetico
domani, sulle ceneri del PD e dell’intero centro-sinistra) o almeno la
maggioranza relativa in una alleanza competitiva/conflittuale con il PD
Renziano (cioè la convinzione subalterna che il maledetto Renzi li supererebbe
in siffatta alleanza, come li ha battuti in primarie e congressi, e quindi
bisogna tutti perire perché finalmente anche Renzi – politicamente – perisca)
-
-
il settarismo sta nella equidistanza verso gli
altri soggetti in campo, PD&(pochi)soci, Centro-Destra di
Berlusconi-Salvini-Meloni (non di Merkel o Monti, per capirsi), M5Stelle (che
forse la nuova sinistra pensa di agganciare o peggio riverire); orbene non amo
Renzi, ma vorrei proprio scampare all’alternativa tra Salvini (+Berlusconi) e
Di Maio (+Casaleggio).
Poiché un salvifico ritiro di
Renzi è improbabile (non lo ha fatto nemmeno quando se lo era suggerito da
solo, dopo la sberla del referendum), mi è lecito auspicare tra sinistra e PD
almeno un patto di desistenza nei collegi (come nel 1996), per non regalarli ai
veri antagonisti, cioè Destra e M5Stelle?
RIFORMISMO, MASSIMALISMO E UTOPIA
Il noto psicologo Recalcati su
Repubblica del 28-11-17 invita la sinistra a ri-leggere Turati contro lo
scissionismo settario del nascente partito Comunista (1921) e profeticamente
sugli esiti della rivoluzione sovietica, nonché ad elaborare finalmente il
lutto per la caduta dei miti novecenteschi, da Gramsci alla Resistenza, che
alimentano un massimalismo conservatore, ostile alla concretezza del riformismo
possibile.
Invita anche a individuare, con
Renzi, in Obama la sinistra di oggi.
In questa dissertazione, alquanto
professionale riguardo alla salute mentale della sinistra (ma esente da
attenzione alla salute mentale di larga parte della popolazione immersa nelle trasformazioni
sociali connesse alla globalizzazione), Recalcati giustamente invita ad
elaborare proposte politiche a partire dai problemi attuali.
Esclude però il ricorso
all’utopia, che identifica con il passatismo della sinistra nostalgica.
Sul che dissento nettamente,
perché il tramonto del “socialismo reale” e la necessaria approfondita
riflessione su tal tramonto (e sulle ingombrati macerie che ha lasciato, da
Putin alle tendenze ora egemoni negli ex-satelliti dell’URSS) non escludono, ma
anzi implicano una ricerca radicale e senza pregiudizi sulle contraddizioni del
mondo di oggi, che mi pare sia modernamente capitalista, ma non per questo
necessariamente tale per sempre.
Il massimalismo è improduttivo,
ma di riformismo non ce n’è uno solo: senza le utopie di Cesare Beccaria o di
Maria Montessori, di Gandhi o Martin Luther King, che riformismo avremmo oggi?
Sperando di sopravvivere a Trump, non credo ci sia
solo Obama nei nostri orizzonti: penso ad esempio a Carlin Petrini, a Pepe Mujica, a Papa Francesco...
PERVENUTI TRAMITE FACE-BOOK:
RispondiElimina"Condivido tutto." C.C.
"Come spesso, anzi sempre, condivido le considerazioni di Aldo" C.B.
PERVENUTO SU FACE-BOOK, CONFRONTO CON L.B.:
RispondiEliminaL.B.:"Suvvia Aldo, non pensiamoci in giro: il patto di desistenza non di può fare, e non si può fare perché il PD non ha voluto modificate la legge elettorale introducendo Il voto disgiunto. Il resto sono chiacchiere."
ALDO: "Se si tratta di distribuire le colpe tra i (virili) litiganti, può darsi che sia così; ed inoltre il voto disgiunto non mi sarebbe dispiaciuto, personalmente, come elettore (con unica scheda si presterebbe però parecchio alla riconoscibilità clientelare del votante). Ma quale desistenza è possibile con il voto disgiunto, in cui del potenziale alleato voto solo quelli che mi piacciono? La desistenza comporta che nei collegi uninominali vi siano candidati condivisi, oppure suddivisi, con disponibilità alla reciproca accettazione. Senza di ciò, che vinca il migliore (temo si tratterà però del peggiore, Salvini oppure Di Maio)."
L.B. "Intanto mi scuso per la risposta che ho dato, un po strafottente. Non mi importa granché di risultare più virile dell'altro litigante, e so che alla fine ci rimetteremo tutti. Io le desistenze le avrei anche sostenute, ma purtroppo questa legge elettorale non le consente, e siccome mi aspetto una campagna elettorale in cui i programmi saranno ignorati e noi verremo tacciati di irresponsabilità ad ogni piè sospinto, non ho potuto fare a meno di sottolineare che se un partito approva un legge che impedisce questo tipo di accordi non può, dopo, dare la colpa a chi aveva proposto di inserire il voto disgiunto."
Aldo :"Scuse accettate. Resta che la desistenza - volendo ambo le parti - si fa meglio con il voto non disgiunto, almeno tecnicamente"
PERVENUTO TRAMITE E-MAIL:
RispondiEliminaIl 10% è troppo ottimistico! Non sarà raggiunto perché oggi la parola “sinistra” non è vissuta come forma di protesta/proposta da chi è scontento, ma purtroppo a me pare l’unica alternativa, ma io e altri come me non fanno testo o tendenza. Data l’attuale legge elettorale poi le alleanze contano poco, “ci vediamo dopo” dice Bersani...intanto aumenta l’astensionismo e anche la destra, non ci si poteva aspettare disponibilità da chi non era mai stato considerato all’interno del Pd, Pisapia col quale ero in sintonia, ha cercato una via impraticabile.
saluti un po’ sconsolati, A.P.