venerdì 15 marzo 2013

PROPOSTE: SUOLO URBANO


A mio avviso occorre intrecciare la problematica del recupero della rendita urbana e del controllo sul consumo di suolo con una miglior disciplina dello strumento della perequazione e con un ripensamento complessivo della fiscalità sull’attività immobiliare ed edilizia.
La rendita va tassata principalmente nel momento in cui si realizza la trasformazione urbana e solo in misura complementare come rendita di attesa, se e quando i Piani divengono effettivamente “conformativi” e  matura un interesse pubblico ad accelerarne l’attuazione e ad evitare ritardi strumentali finalizzati ad una eccessiva valorizzazione degli immobili.

Un apparato comunale efficiente dovrebbe saper riconoscere la differenza di valore tra un terreno  ex-agricolo ed un terreno edificabile, tra una fabbrica dismessa ed un nuovo centro commerciale: il prelievo sulla rendita, finalizzato a trasferire su di essa tendenzialmente tutti i costi per i servizi urbani (inclusa l’edilizia residenziale a canone sociale ed a canone concordato), desumibili dai Piani comunali dei Servizi ed in archi temporali ragionevoli, dovrebbe essere fortemente differenziato tra il residuale consumo di suoli liberi ed extraurbani ed il riutilizzo di suoli già edificati (da detassare ed agevolare, tranne in presenza di forti incrementi di valore per cambio d’uso o elevata densificazione).

Si delinea cioè un prelievo unico (inglobando le attuali tassazioni statali sulle traslazioni e sulle plus-valenze), più simile (ma con aliquote assai più elevate) alla vecchia “INVIM” (imposta sull’incremento di valore degli immobili) che all’ICI/IMU, concettualmente inclusivo degli oneri di urbanizzazione (fermo restando il principio che le opere necessarie in loco ricadano comunque sugli operatori).

Il problema della ricerca del punto di equilibrio tra interessi pubblici ed interessi privati (ovvero la massimizzazione del prelievo monetario o comunque dei benefici a vantaggio pubblico senza arrivare ad annullare la convenienza degli investimenti e cioè ad annullare gli investimenti stessi) può in parte essere affidata allo stesso mercato, fissando soglie ragionevoli di prelievo ed aprendo sopra di esse gare al rialzo tra i diversi operatori, sviluppando i meccanismi concorrenziali, come quelli proposti dal compianto Fausto Curti Curti 2008 e quelli che ha tentato di sperimentare a Monza ed altrove Massimo Giuliani.

Secondo me però sono necessari tre corollari, al fine di rendere effettiva la limitazione del consumo di suoli extraurbani, superando alcune importanti rigidità del mercato immobiliare (che risultano del tutto incoerenti in un mondo sempre più flessibile e “liquido”):

1 - la corrispondenza quantitativa tra volumi “in decollo” ed “in atterraggio” (per evitare nuove disparità), nonché l’obbligatorietà dell’”atterraggio” dei diritti di edificabilità in tutti i processi di perequazione, e  cioè l’obbligo per i proprietari di aree con effettiva edificabilità locale di acquistare od ospitare i diritti edificatori che “decollano” altrove (aree ad uso pubblico/sociale o altrimenti vincolate), come sostiene tra gli altri  Fortunato Pagano;

2 - una più facile espropriabilità (pur a prezzi di mercato, ma tenendo conto dei deprezzamenti dovuti ai periodi di inutilizzo prolungato) di tutti i beni immobili da coinvolgere nei piani di rinnovo urbano, da intrecciare con una tassazione specifica sugli immobili inutilizzati, con incrementi progressivi nel tempo: dagli spazi con “decollo” di diritti edificatori alle aree produttive dismesse, dai lotti in possesso di “minoranze dissenzienti” (i cui interessi possono essere tutelati anche privandole del possesso immobiliare) agli immobili inutilizzati per vertenze ereditarie e fallimentari – vedi proposte di Viale in PAGINA PARTE 2^ di questo blog – vedi qualche positivo embrione, ancora poco attuato, nella Legge Regionale lombarda sulle aree industriali dismesse – art. 7 della L.R. n° 1/2007);

3 - il conferimento alle Province (o chi per esse), per scopi di perequazione territoriale, da articolare nei Piani Territoriali di area vasta, e non ai singoli Comuni interessati alla trasformazione, di parte significativa dei prelievi sulla rendita relativa al consumo residuale dei suoli liberi.

E’ inoltre necessario imporre ai Piani comunali una valutazione analitica e periodicamente aggiornata sulla dimensione  e sulla qualità dello stock di abitazioni inutilizzate (sfitto, invenduto, seconde case, ecc.), - vedi iniziativa di censimento ad hoc avanzata da  “Salviamo il Paesaggio” (vedi www.salviamoilpaesaggio.it) da connettere anche al trattamento fiscale di cui più sopra.

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