Anche se tale rivendicazione è sollevata da minoranze, essendo l’80% degli italiani allocato in case di proprietà, il dibattito recente sull’Housing Sociale (vedi ad es. Urbanistica Dossier n° 119/2010 e Urbanistica Informazioni n° 238/2011) ha riabilitato l’obiettivo del “diritto alla casa” come condizione minima per la dignità del vivere, esteso universalmente (anche agli immigrati ed agli ex-nomadi), come può consentirlo una società che comunque è complessivamente ricca (ed in particolare ricca di volumi edificati).
La necessaria attenzione ai nuovi bisogni (giovani coppie precarie, single, fuori sede, nuove povertà) non deve far trascurare infatti il fabbisogno primario di residenze a canone sociale.
La rigidità del dualismo proprietà/affitto, alquanto incoerente con la crescente precarietà dei rapporti di lavoro e degli stessi legami familiari, induce inoltre problemi di tipo nuovo, all’interno della crisi economica in atto: mutuatari morosi, divorziati senza casa, difficoltà di trasferimento e reperimento di case temporanee per inseguire le offerte lavorative.
Per introdurre equità e flessibilità nell’abitare, ed anche per reperire una parte delle risorse necessarie alla estensione del diritto alla casa, ritengo sia necessario includere in un unica valutazione, complessiva ed organica, la politica economica e fiscale per la residenza, tuttora sbilanciata in favore delle famiglie residenti in alloggi di proprietà che godono per tali abitazioni di una fascia di esenzione dall’ICI (ora IMU) e dall’IRPEF, prevedendo:
- per tutti i soggetti bisognosi, l’offerta di case sociali a canoni adeguati, affiancata - in mancanza ed in attesa di una casa sociale – da un congruo e permanente contributo per gli affitti;
- per tutti gli inquilini, la detraibilità dalle imposte sul reddito delle spese per l’affitto della prima casa, fino ad una soglia massima ‘ragionevolmente elevata’, prossima al “canone concordato” comparabile con la fascia di esenzione dall’IMU per i proprietari;
- per i residenti in alloggi di proprietà, la completa de-tassazione delle transazioni relative alla prima casa
- per gli acquirenti di abitazioni gravati da mutui divenuti temporaneamente o definitivamente insostenibili, la garanzia di permanenza nell’abitazione, con formule differenziate, dal congelamento del mutuo alla conversione definitiva in locazione;
- per i redditi da locazione di abitazioni, la cosiddetta ‘cedolare’ (20%), ma limitata al “canone concordato”, con tassazione normale degli affitti superiori ad esso;
- per gli immobili sfitti e inutilizzati, la conferma e l’inasprimento di tassazioni più elevate, crescenti progressivamente con il protrarsi del mancato utilizzo, affiancata da incentivi alla vendita di tali alloggi a prezzi calmierati alle Agenzie Pubbliche (vedi es. ATER Veneto, su “Edilizia e territorio” n° 6/2011);
- sperimentazione di interventi degli ex-IACP per favorire traslochi temporanei e scambi di alloggi in funzione dei trasferimenti per lavoro.
Limitati ritocchi all’insù, in senso progressivo, dell’IMU e dell’IRPEF sulle case non usufruite dai proprietari (e loro parenti stretti, e trattando in modo specifico le case di origine degli emigrati), dovrbbero essere sufficineti a compensare le maggiori spese derivanti dagli altri punti della proposta.
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