Segnalato da
Salviamo-Il-Paesaggio, ho scaricato e letto il libro istantaneo di diversi ed
autorevoli autori “Rottama Italia - perchè il decreto Sblocca-Italia è una minaccia per il nostro futuro" (e-book a 2 €, edito da Altraeconomia,
pagg.. 86), per approfondire i guasti minacciati dal Decreto Legge “Sblocca
Italia”, e che si stanno pur troppo in gran parte confermando a causa della
forzosa conversione in legge del decreto stesso, con poche modifiche, tramite
l’abituale voto di fiducia.
Il volume tradisce un poco l’impostazione
improvvisata e risulta costituito da una miscellanea di interventi non
omogenei, né sotto il profilo della “scala” di approccio al testo legislativo
(che alcuni autori colgono come pretesto per ribadire proprie teorie generali),
né sotto quello dell’ispirazione politica, perché alcuni partono da una opposizione
pregiudiziale a questo Governo ed altri più laicamente dalla realtà del
Decreto: realtà che comunque emerge nell’insieme come un clamoroso marcia
indietro per molti valori della sinistra (seppure già stemperati dai precedenti
governi di centro-sinistra che hanno interpuntato il ventennio berlusconiano).
Per inciso, è sfuggita agli autori la gravità
dell’art. 16, dove sottopone a oneri di urbanizzazione anche gli interventi di
manutenzione straordinaria, finora gratuiti (invece di penalizzare le nuove
costruzioni su suolo libero).
Dopo una
introduzione di Tomaso Montanari ed una introduzione sull’aspetto comunicativo
del giornalista di Altraeconomia Pietro Reitano, Giovanni Losavio (ex magistrato) interviene con puntualità a verificare se
esistano i presupposti di omogeneità e
di urgenza per la promulgazione del Decreto, che prosegue una pratica di dubbia
costituzionalità perdurante da alcuni decenni (da quando sono emersi i concetti
di “congiuntura avversa” e di crisi economica); tema ripreso più avanti, con
diversa angolazione dal parlamentare PD ed ex-ministro della cultura Massimo Bray, che conviene con il
Governo sulla necessita di aggiornare le procedure, ma in un insieme organico e
non caso per caso con un provvedimento di urgenza abborracciato e privo della
dovuta relazione di impatto della nuova normativa.
L’ex-vice
presidente della Corte Costituzionale magistrato Paolo Maddalena contesta l’identificazione
tra “ripresa delle attività produttive” e bene pubblico, a scapito di altri
veri “beni pubblici”, quali la tutela del territorio e del paesaggio, ed
estende le sue valutazioni esponendo – oltre ad una critica radicale al
concetto di cartolarizzazione dei debiti - la sua tesi di interpretazione
avanzata sull’art. 42 della Costituzione, sulla funzione sociale della
proprietà, quando privata, fino a prevederne l’esproprio senza indennizzo
quando inutilizzata: ipotesi molto interessante, ma che a mio avviso potrebbe camminare nel diritto solo se procedesse
con forza nella società.
Più ideologico l’urbanista
Edoardo Salzano, che tende a
ricostruire una continuità ideologica, per
l’appunto, da Craxi a Berlusconi fino a
Renzi in materia di privatizzazioni, grandi opere e de-regulation, con l’occhio attento più al disegno di legge Lupi sul governo del
territorio che non alle concrete contingenze del decreto Sblocca-Italia.
Paolo Berdini, urbanista, analizza i guasti
di alcune deroghe alle norme urbanistiche e soprattutto la tendenziale degenerazione del “Financing project” per le grandi opere (tipo Brebemi o
quadrangolo Marche-Umbria) dove a partire dalla de-fiscalizzazione e per finire
con il subentro dello Stato a garanzia, è concreto il rischio di trasferire a carico del bilancio pubblico
interventi vantati all’origine come prive di oneri per lo stato.
(Analogo lo
specifico commento di Luca Martinelli
sul progetto di autostrada Orte-Mestre).
Vezio De Lucia, ancora urbanista, ripercorre
la complessa vicenda del recupero dell’area
ex-industriale di Bagnoli e relative (mancate) bonifiche e denuncia il
tentativo di ripartire da zero, accentrando le decisioni in capo a Commissari
governativi e scavalcando il Comune e la vigente specifica pianificazione
locale, aventi prevalenti contenuti di interesse pubblico.
Salvatore Settis, archeologo, riepilogando i
tentativi finora falliti di estendere il principio del silenzio-assenso alle procedure relative ai beni culturali ed l
paesaggio, evidenzia la forzatura prevista dallo Sblocca-Italia per alcune
grandi opere, che trasferiscono di fatto le decisioni finali dalle
Sovrintendenze ad altri organi governativi o loro emanazioni imprenditoriali.
Tomaso Montanari, storico dell’arte, affronta
l’accelerazione e generalizzazione delle procedure di vendita o
”valorizzazione” (con cessione del solo diritto di superficie temporaneo) dei
beni demaniali, con il coinvolgimento dei Comuni, e rivendica per contro una
sacralità degli stessi immobili in quanto “beni comuni”: non mi convince, perché non è detto che tutte le ex-caserme, ad
esempio, possano trovare immediata e valida utilità pubblica, in relazione ai
bisogni, alle risorse e dalla capacità di intervento e di gestione degli enti
locali; se non sempre “privato è bello”, anche il “pubblico a-priori” rischia
di generare abbandono e degrado.
Anna Donati, ambientalista, esamina la
politica dei trasporti nello Sblocca-Italia, avara verso il trasporto pubblico
locale e prodiga verso alcune grandi opere, in modo diretto per la TAV e in
modo indiretto per le autostrade, attraverso l’ipotesi di ampi rinnovi, senza gara, delle concessioni
autostradali in scadenza, a fronte di vari progetti di potenziamento ed
estensione della rete.
Maria Pia Guermandi, archeologa, illustra lo
stato comatoso dell’archeologia in Italia (e dentro di esso il precariato
povero dei giovani archeologi), la mancata
ratifica italiana della Convenzione di Malta del 1992, che prevede il
coinvolgimento preventivo dell’archeologia nella progettazione delle principali
opere, al fine di monitorare e prevenire i conflitti tra lavori pubblici e
tutela del patrimonio archeologico, mentre il decreto Sblocca Italia, a
coronamento di una prassi incalzante in tal senso, asserisce di fatto a priori
la compatibilità archeologica di qualunque progetto, costringendo le
Sovrintendenza a organizzare in fretta e furia gli scavi “in emergenza” per
rimuovere i reperti rinvenuti.
Pietro Donmarco, giornalista, espone la resa
del Governo alle pretese delle compagine petrolifere per avere mani libere nelle prospezioni e
trivellazioni per la ricerca ed estrazione di gas e petrolio, quali che
siano i vincoli ambientali, anche se le quantità in gioco non saranno
risolutive per il fabbisogno nazionale e comunque indirizzate ad aumentare enon
a diminuire le emissioni di CO2).
Domenico Finiguerra, già Sindaco di Cassinetta
di Lugagnano, segnala le forzature
procedurali in favore degli inceneritori, sia ai fini della costruzione di
nuovi impianti, sia per il mantenimento dell’utilizzo – ma in favore di altri
territori - di alcuni impianti in via di
superamento grazie al progresso della raccolta differenziata in numerose
province.
Anna Maria Bianchi, documentarista, evidenzia il
progressivo slittamento delle procedure
contro l’autonomia delle amministrazioni preposte alla tutela dei vincoli,
in favore dei privati che “auto-certificano” e contro la effettiva
partecipazione popolare nelle decisioni sulle opere pubbliche, costretta nei
tempi e surrogata da caricature di nuove forme di partecipazione, limitate alla
manutenzione delle aree verdi con l’incentivo di sgravi fiscali.
Antonello Caporale, giornalista, se la prende in
generale con la mania delle grandi opere
urgenti, con la consueta scia di extra-costi e corruzione.
In conclusione Carlo Petrini, presidente di Slow Food, riepiloga le vicende del disegno
di legge contro il consumo di suolo,
proposto dal ministro Catania durante il governo Monti, in contrasto con il
clima emergenziale di quella fase ed invece in sintonia con la lunga marcia
culturale promossa dei movimenti per la valorizzazione della terra e del cibo,
disegno di legge ancor vivo con i governi Letta e Renzi, rispetto al quale lo Sblocca-Italia ha rappresentato una brusca
svolta, rilanciando cemento, autostrade e trivellazioni, e troncando le
speranze riposte dai movimenti e dallo stesso Petrini. che conclude con un
accorato e motivato appello alla ragione e alla coerenza per il nuovo corso
renziano (verso il quale si dichiara non pregiudizialmente ostile), in nome
della bellezza del paesaggio italiano e della peculiare creatività delle
attività più legate al territorio, negate e frustrate dalle scelte dello
Sblocca-Italia,.