Tali
prescrizioni di Oliva&C hanno il pregio di essere concrete e precise; però
si pone il dubbio se non comportino:
-
alcune
semplificazioni positivistiche (assumendo di fatto come costanti le variabili
relative a motorizzazione, modalità di trasporto, emissioni in atmosfera di
case e veicoli); - qualche sottovalutazione delle problematiche
o
del
consumo di suolo, perché non spingono a densità molto elevate (anche riguardo
ai livelli necessari per conseguire una efficienza del trasporto pubblico e per
innescare positivi effetti di multi-funzionalità e vivacità urbana,
o
della rete ecologica, perché tendono ad
equiparare il verde urbano (pubblico, privato e condominiale) al verde
agro-forestale, sostenendo anzi che il verde urbano inquina meno di certa
agricoltura intensiva (e per giunta assistita). Ciò può essere vero oggi, ma
“la continuità dei suoli agricoli extra-urbani dovrebbe essere considerato come
un valore positivo, paesaggistico ed ambientale (come il buio ed il silenzio,
necessari per valorizzare il suono e la luce) ed inoltre ‘un’altra agricoltura
è possibile’ (vedi gli esperimenti di “Terra madre” e di “Kilometro zero”), per
cui occorrerebbe conservare questi spazi come riserva strategica per una
possibile alternativa verso una relativa auto-sufficienza alimentare alla
globalizzazione, attualmente drogata dalla esternalizzazione dei costi
ambientali dei trasporti su terra e su mare; il che sembra più difficile (ma
forse non impossibile) a partire dal verde pubblico e condominiale” (Vailati-Vecchi 2010)
PER UN INQUADRAMENTO PIU' AMPIO, VEDI ANCHE, IN QUESTO BLOG, "PAGINE - PARTE 3^" E "BIBLIOGRAFIA"
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