Interessanti
mi sembrano i tentativi di esplorare e comprendere non solo in generale, ma
analiticamente e nel concreto, con strumenti adeguati e senza demonizzazioni,
le fattispecie della realtà metropolitana e della circostante “città diffusa”,
non per elogiarla acriticamente (alla maniera di Koolhaas),
ma per fondare proposte alternative specifiche, da sottoporre al confronto con
i soggetti presenti in tali territori (vedi ad esempio in campo teorico i
lavori del Gruppo di Lavoro INU sulla ‘città diffusa’ Piazzini
2010).
Abbastanza rappresentativo di tali
attenzioni, sul versante più proclive a ‘lisciare il pelo’ allo ‘stato di cose
presente’ è il testo “L’anticittà” di
Stefano Boeri Boeri 2011,
che, riprendendo precedenti scritti e ricerche, e con
l’ambizione di proporre radicali mutamenti dei punti di vista e di
interpretazione della realtà urbana, individua come “anticittà”
-
sia i fenomeni di emarginazione ed
antagonismo (anche illegale) di una periferia che non è più “una cintura” bensì
un “arcipelago”, - sia le “presenze edilizie solitarie ed ammassate senza una logica evidente” di villette, palazzine, capannoni, centri commerciali, disseminati nel territorio, in un processo di “erosione”, “frammentazione”, “dissipazione” e “diluizione delle relazioni urbane”: “un fiume che raccoglie in rivoli le energie vitali --- e le spinge verso l’individualismo e la frammentazione”.
Il testo espone una ricognizione su vari e nuovi modi di lettura
e interpretazione del mondo attuale e in particolare della città europea, su
come:
-
osservare (dall’alto, da mezza altezza,
dal basso, in diagonale),
-
denominare (città e periferia, confini
e flussi, modi di abitare e coabitare),
-
fotografare e narrare (per indizi, per
campioni, per sequenze)
mirando così a costruire e valorizzare
“atlanti eclettici” :
“la moltitudine si ricompone in un
numero ridotto di figure spaziali introverse e ripetute all’infinito,
specializzate anche se ibride”, “razionalità settoriali che condensano la
moltitudine dei sussulti individuali”; “un arcipelago di sottosistemi
decisionali, protagonisti di una competizione orizzontale”.
Il testo, nel proporre i nuovi punti di vista, mostra una
costante e variamente motivata insoddisfazione per il sapere consolidato (che a
mio avviso nel frattempo si è evoluto e non è rimasto poi così bi-dimensionale
e zenitale come Boeri racconta, dalla “forma della città” secondo Aldo Rossi
alle applicazioni terragne ed oblique di Google-earth, passando anche per i
migliori piani comunali e di area vasta), e talora banalizza il pensiero altrui
(ad esempio attribuendo a Manuel Castells una concezione dello ‘spazio dei
flussi’ come “liscio --- supporto piano e orizzontale” che non ho trovato nei
suoi testi, molto attenti invece alle differenze locali e globali, ed a cui
Boeri contrappone l’esistenza di corrugazioni, muri e recinti, a mio avviso già
ben presenti in Castells così come in Saskia Sassens - Perulli 2009).
Verso la conclusione il testo assume
‘d’ufficio’ un punto di vista ambientale (criteri
di sostenibilità pienamente condivisibili, ma non desunti dal racconto
dell’Anticittà) ed avanza una serie di proposte praticabili, per
valorizzare le spinte spontanee dell’Anticittà (e riconciliarle alla Città?), proposte denominate nell’insieme
“urbanistica dei luoghi”, che si articolano in:
-
promuovere comunità locali di impresa,
-
sviluppare la democrazia deliberativa
dal basso, in nuovi municipi entro le aree metropolitane,
-
produrre e scambiare energia attraverso
una rete di edifici virtuosi,
-
limitare il consumo di suolo e
valorizzare l‘agricoltura peri-urbana ed intra-urbana come produttrice di
alimenti e benessere,
-
trasformare in vegetali parti minerali
della città (tetti e muri verdi, boschi-in-città),
-
accettare la rinaturalizzazione
selvaggia di parte dei vuoti urbani (secondo le intuizioni di Gilles
Clément),
-
densificare gli insediamenti se
prossimi ai nodi del trasporto pubblico,
-
prevenire l’abbandono di parti di città
con una attiva politica immobiliare e di housing sociale.
Si tratta di un paniere di proposte in gran parte presenti negli altri testi esaminati in questa rassegna, o comunque con essi compatibili: sfugge però in questa parte del testo la peculiarità dell’asse politico-culturale avanzato da Boeri in relazione alle premesse descrittive specifiche, ovvero al dualismo tra città ed anticittà ed alla pretesa insufficienza delle altre scuole di pensiero.
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