Nel
filone dell’ottimismo tecnologico si può includere Jeremy Rifkin Rifkin 2003, 2011, profeta della Terza
Rivoluzione Industriale (“T.R.I.”), che vede la soluzione di ogni problema
nell’intreccio tra la produzione diffusa delle energie rinnovabili, il loro
accumulo tramite l’idrogeno ed il loro scambio tramite Internet (unitamente con la
elettrificazione delle automobili), e coglie nell’emergere di alcune forme
cooperative del nuovo sapere reticolare (es. Linux, Wikipedia) la sicura
tendenza alla trasformazione dall’accumulazione capitalista (propria delle
prime due rivoluzioni industriali, fondate sul carbone e sul petrolio) al
decentramento democratico di tutto quanto, conoscenza, produzione, potere, dalla
“T.R.I.” ad una imminente successiva età dell’oro, dove regnerà la fine del
lavoro e la concordia universale (con una
pacifica mutazione antropologica, simile a quella auspicata da Serge Latouche,
vedi post).
L’avvio
della “T.R.I.”, invece, secondo Rifkin garantirà a medio termine un incremento
complessivo dell’occupazione, anche nei paesi occidentali, sottraendo il
settore delle energie rinnovabili alle leggi economiche prevalenti (che a mio avviso spingono all’incremento della produttività in tutti i
settori, con appropriazione da parte delle imprese e difficilmente a vantaggio del
lavoro, costretto a breve termine
comunque alla subordinazione e precarietà), perché tutte o quasi le
negatività dell’attuale modello di sviluppo, per Rifkin, derivano dalla natura
fossile delle risorse energetiche che hanno connotato la prima e la seconda
rivoluzione industriale (carbone e petrolio).
Sulla profezia della fine del
lavoro, avanzata da Rifkin già nel 1995, non concordano sociologi più
documentati, come Manuel Castells e gli autori da lui richiamati Castells 2002 (vedi
post).
Tra gli argomenti tipici di
Rifkin vi è inoltre l’affermazione che
non c’è più distinzione tra destra e sinistra, ma la spiegazione di tale
assioma consiste soprattutto in aneddoti, come ad esempio il fatto che il
sindaco di Roma Alemanno ha assegnato allo stesso Rifkin una consulenza sul
futuro della città eterna, mentre il leader laburista inglese Milliband lo ha
ricevuto sbrigativamente e sgarbatamente.
Poco utili sono a mio avviso le
proiezioni futuribili di Rifkin e associati sullo specifico urbano (ad esempio
master plan per la biosfera di Roma al 2050), che mischiano opzioni già note
sui fabbricati eco-energetici e sull’agricoltura peri-urbana, con improbabili
riconversioni di quartieri ed aree commerciali dismesse in orti urbani,
mantenendone però in piedi a scopo ornamentale le sole facciate lungo le
strade.
PER UN INQUADRAMENTO PIU' AMPIO, VEDI ANCHE, IN QUESTO BLOG, "PAGINE - PARTE 2^" E "BIBLIOGRAFIA"
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