Tra
sociologia e macro-economia, Luciano Gallino, in “Finanzcapitalismo” Gallino 2008, svolge una vivida ed efficace
lettura ed interpretazione delle degenerazioni finanziarie del capitalismo
mondiale negli ultimi 3 decenni, sotto l’egemonia ideologica del neo-liberismo,
divenuto “pensiero unico”, non solo in materia economica, e che pervade le
classi dirigenti (di banche ed imprese così come di partiti ed istituzioni, dei
singoli stati e sovranazionali), benché si riveli ideologia sorda a fronte
delle sonore smentite che provengono dalle crisi parziali e globali che si
susseguono (contraddicendo le previsioni di incessante sviluppo, e disseminando
povertà e disuguaglianze crescenti), e sordamente tenda a ribadire - ‘a prescindere’ - i principi
astratti della razionalità dei mercati e della allocazione dei capitali
(adiuvata da scienze economiche sempre più asservite alla logica della
estrazione di “valore” finanziario a breve termine, tramite algoritmi
auto-referenziali, ed incapaci di mettere in discussione propri presupposti).
(In proposito è
utile anche la lettura di Joseph Stiglitz Stiglitz 2011
, anche per la sua autorità di premio Nobel per l’economia e di ex-consulente
di Clinton, nonché ex vice presidente della Banca Mondiale: riflettendo sulla
crisi nel sud-est asiatico nel 96-97 e sull’attuale crisi mondiale, dimostra la
irragionevolezza dei dogmi liberisti ed afferma che “la ragione per la quale la
mano invisibile di Adam Smith appariva spesso invisibile era che in realtà non
esisteva affatto: gli equilibri dei mercati non erano efficienti in senso
paretiano non appena vi erano informazioni imperfette ed asimmetriche e un
mercato dei rischi imperfetto: vale a dire sempre”.)
Gallino
affronta i vari aspetti della sistematica follia dell’economia globalizzata, in
cui i capitali finanziari circolanti superano di oltre 10 volte il valore
dell’intero Prodotto Lordo Mondiale: moltiplicazione abnorme del debito tramite
la sua “cartolarizzazione”, emissione incontrollate di nuove forme di denaro,
mercati finanziari di “derivati” complessi ed oscuri gestiti al di fuori dei
bilanci ufficiali, commistione tra banche commerciali, di investimento ed imprese
sempre meno “industriali”, moltiplicazione di “fondi di investimento” di dubbia
trasparenza, acquisizioni-fusioni-scorpori di imprese per finalità puramente
finanziarie, poteri manageriali svincolati da criteri etici e sociali, e
strettamente subordinato alla creazione di ”valore” a breve termine.
Ed
evidenzia in parallelo i risvolti sociali (ed antropologici), territoriali e
ambientali di questo processo di globalizzazione e finanziarizzazione, pur
senza addentrarsi nei dettagli delle problematiche urbane né di quelle
ecologiche:
-
nei
paesi sviluppati: perdita di peso dei salari ed indebolimento dei sindacati,
disoccupazione e precarietà del lavoro, impoverimento e perdita della casa per
le fasce sociali più deboli
-
nei
paesi meno sviluppati: espulsione dalle campagne e concentrazione di
popolazioni povere negli slums, accelerazione delle migrazioni, peggioramento
delle condizioni di salute ed alimentazione
-
ovunque:
inquinamento e sfruttamento irreversibile delle risorse naturali.
Le
proposte alternative avanzate da Gallino per un auspicabile “incivilimento” del
finanz-capitalismo, con un sostanziale ritorno, si scala mondiale, a normative
analoghe a quelle americane anti-trust di fine ‘800 e poi del “New Deal”,
derivano coerentemente dalle sue analisi: ridurre le dimensioni dei
conglomerati finanziari (se nell’attuale crisi sono stati considerati “troppo
grandi per poter fallire”, in futuro potrebbero rivelarsi “troppo grandi per
essere salvati”); ricondurre a forme di controllo ed a proporzioni ragionevoli
il debito e l’emissione di denaro; riportare nei bilanci le operazioni “fuori
portafoglio”; limitare e semplificare i
“derivati” e impedire il commercio diretto fuori dalle borse.
Una
svolta riformista (ricondurre ad un capitalismo compatibile con l’umanità), ma
piuttosto radicale, e quindi probabilmente non graduale né indolore (comunque
assai più concreta dell’utopia della ‘decrescita felice’, vedi il seguente
paragrafo 6).
(Sui passaggi
intermedi, e però traumatici, per uscire dalla attuale crisi, partendo da
analoghe premesse critiche sulla finanza internazionale, è interessante la
proposta provocatoria di Loretta Napoleoni Napoleoni 2011 in favore della
insolvenza programmata di stati indebitati come la Grecia, l’Italia ed altri,
con conseguente svalutazione monetaria competitiva, sull’esempio recente
dell’Islanda e meno recente dell’Argentina: uscire dall’Euro, se si è convinti
e se ne ha il coraggio, è l’unica alternativa concettuale a quanti invece si
sforzano di salvarlo e ‘umanizzarlo’).
Ma
lo stesso Gallino non vede in campo attualmente i soggetti capaci di imporre
una simile svolta, che pure è stata prospettata in Inghilterra e molto
debolmente echeggiata nelle timide riforme introdotte dall’amministrazione di
Obama negli USA, e assai poco presa in considerazione nell’Europa Unita.
Gallino
riscontra embrioni di atteggiamenti etico-sociali nella gestione di alcuni
fondi pensione in area anglosassone (che si sono posti il problema di anteporre
gli interessi generali ed a lungo termine dei loro affiliati, in quanto
lavoratori e cittadini, al mero conseguimento di risultati finanziari –
d’altronde incerti sul lungo termine - per gli stessi affiliati in quanto
futuri pensionati), e presta attenzione alle teorie ottimistiche di Polanyi
(già negli anni 40) e recentemente di Bresser Perreira e di Benjamin R. Barber,
che – pur negando il fideismo marxista - ritengono probabile la formazione
“ciclica” o ”pendolare” di anticorpi interni allo stesso assetto
socioeconomico.
Però
ritiene probabilmente necessario un ulteriore inasprimento della crisi
(inevitabile senza i seri correttivi normativi di cui sopra) perché si
determini una riscossa, innanzitutto soggettiva, degli strati sociali oppressi
dalla globalizzazione finanz-capitalista, che nei paesi sviluppati Gallino vede
pesantemente subordinati, anche a livello antropologico, all’assoggettamento
culturale del dominio capitalista e neo-liberista, con interiorizzazione
soggettiva degli stessi “valori”: economismo, consumismo, individualismo, ecc..
Gallino
enumera tra i potenziali soggetti alternativi “le organizzazioni non
governative; il movimento alter-mondista; i governi di sinistra dell’America
Latina; gli accademici critici [pochi] ---, i sindacati [in parte] ----; quanto
rimane dei partiti di sinistra-sinistra nei paesi europei; le associazioni
contadine di resistenza in Africa ed in Asia”, ma ne constata l’attuale
impotenza al livello delle modifiche legislative secondo lui necessarie a
livello dei governi nazionali ed internazionali (questi ultimi attualmente
privi di controllo democratico).
D’altronde la sua
visione del finanz-capitalismo quale ‘testa del serpente che sta strangolando
l’intero mondo’ contempla necessariamente rimedi solo ‘dall’alto’, e mostra
scarso interesse alle modifiche introducibili dal basso a livello locale.
Ciò non esclude
però che chi – per mestiere o per vocazione – a queste pratiche dal basso
risulta più portato, faccia tesoro del quadro interpretativo e rivendicativo
lucidamente espresso da Luciano Gallino, perché probabilmente non è possibile
un “incivilimento” delle città, che le renda sostenibili, senza affiancare i
mutamenti locali con un’azione complessiva per incivilire gli assetti
socio-economici mondiali.
In proposito
qualche attenzione si era già riscontrata negli anni scorsi, anche in Italia,
al di fuori del recinto della sinistra-sinistra, da parte di poche personalità,
quali Alfredo Reichlin e Silvano Andriani; il recente ri-esplodere della crisi
finanziaria internazionale, dopo al “ripresina” del 2010, sembra invece attualmente
richiamare l’attenzione di molti più attori, sia nei movimenti – indignados –
sia nei quadri dirigenti di sindacati e partiti europei, PD compreso, come si
può leggere ormai frequentemente su l’Unità e in particolare sulla rivista
on-line TAM TAM DEMOCRATICO n° 5 del gennaio 2012 dove abbondano finalmente
analisi sul capitalismo finanziario, però finalizzate alla ripresa dell’attuale
modello di sviluppo e scarseggiano riflessioni sui limiti delle risorse
planetarie e sulla sostenibilità ambientale della crescita.
A margine si può
infatti rilevare quanto scarsi siano i riferimenti bibliografici di Gallino ad
autori italiani, in campo scientifico: una sorta di fuga dallo studio del
capitalismo, dopo decenni di intensa attività, con risultati anche originali ed
anche al di fuori dal marxismo ufficiale (da un lato ad esempio Raniero
Panzieri, dall’altro Federico Caffè).
PER UN INQUADRAMENTO PIU' AMPIO, VEDI ANCHE, IN QUESTO BLOG, "PAGINE - PARTE 1^" E "BIBLIOGRAFIA"
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