Giuseppe
Campos Venuti, con l’articolo “Città sostenibili e austerità”, Campos Venuti 2011, tende a riallacciare il ciclo
di esperienze dell’urbanistica riformista (da Bologna anni 60 al paradigma INU
per il nuovo piano a metà anni ’90 alle successive verifiche e riflessioni)
alla battaglia culturale di Enrico Berlinguer (rimasta minoritaria anche a
sinistra) per “l’austerità” in risposta
alla crisi degli anni ’70, così sintetizzata: “non una generica riduzione dei
consumi ma la limitazione di quelli improduttivi e parassitari, allargando
quelli produttivi e sociali”.
Rivendicando
di aver affiancato la posizione berlingueriana, in particolare con il volume “Urbanistica e austerità”,
Campos Venuti ripercorre la “lunga marcia della sostenibilità urbanistica in
Italia”, dalla riduzione all’indispensabile delle espansioni private al
contenimento delle densità eccessive, dalla conquista degli standards di spazi
pubblici alla tutela delle aree agricole “per la produzione alimentare e la
difesa ambientale”, dall’attenzione al paesaggio alla introduzione “del verde
indispensabile ad assorbire l’anidride carbonica emessa dalle nuove auto nei
percorsi urbani”, fino al recepimento delle norme europee per la qualità
energetica degli edifici.
Affronta
poi, in sintonia con il recente 27° congresso INU di Livorno, il tema della
crisi urbana sullo sfondo della nuova socio-economica e finanziaria mondiale e
nell’intreccio, specificamente italiano, con il peso del debito pubblico, la
debolezza dei bilanci comunali ed il
ruolo delle rendite, finanziaria e fondiaria, proponendo interessanti elementi
di riflessione (anche per il superamento di alcuni carenze e difetti
applicativi delle leggi regionali ispirate dal modello INU), sui seguenti
problemi, inerenti alle modalità attuali della pianificazione urbana e territoriale
in Italia:
-
rafforzamento
del carattere non-conformativo delle
previsioni di trasformazione dei piani strutturali e del carattere attuativo
dei piani operativi (da non sovradimensionare e con scadenza della
edificabilità non utilizzata nel quinquennio),- gestione attiva e non solo “regolativa” degli interventi sui tessuti esistenti,
- “compensazione perequativa” e “contributi di sostenibilità” finalizzati al contenimento della rendita ed al suo recupero in favore della città pubblica e gli obiettivi ecologico-ambientali,
- pianificazione di area vasta (integrati a tutti gli aspetti paesistici e ambientali) adeguata a fronteggiare e governare la “metropolizzazione”, sostituendo – ove necessario - i troppo angusti piani comunali, e connessa con piani regionali concentrati sulla localizzazione delle risorse di livello regionale/statale/comunitario.
In
tal modo, secondo Campos Venuti, l’urbanistica (e quindi, come soggetto, gli
enti locali virtuosi e l’arco delle forze politiche e sociali connesse) può
contribuire ad una uscita positiva dalla crisi, combattendo la rendita che
(resta) “la causa di fondo della crisi urbana, strettamente integrata alla
crisi economica, entrambe legate alle
scelte improduttive della finanza” “probabilmente la prima non si potrà
risolvere separata dalla seconda”.
Le formulazioni più generali
dell’Urbanistica Riformista (come sopra riassunte da Campos Venuti), senza
assolutamente voler trascurare i meriti acquisiti per come concretamente
continuano a sperimentare e teorizzare la possibilità di migliorare i piani
urbanistici e tramite di essi la realtà urbana, mi sembra pongano la necessità di
approfondire le seguenti riflessioni di fondo, che trascendono in parte la
specificità disciplinare (in parte già lasciate aperte dallo stesso Campos
Venuti):
-
la metropolizzazione può
effettivamente essere governata ed “umanizzata” dalla pianificazione, in Italia
ed altrove (sviluppando proposte tipiche dell’urbanistica riformista, come le
nuove polarità ed il trasporto pubblico su rotaia)?- quali sono le forze, le alleanze e le modalità per suscitare il necessario consenso sociale nella battaglia per piegare la rendita a finalità urbane pubbliche ed ecologiche?
- risulterà possibile, con queste battaglie locali, salvare il welfare urbano nello scontro economico e finanziario a livello “globale”?
la contrapposizione alle rendite può aprire la strada ad uno sviluppo veramente sostenibile, oppure i limiti ambientali comportano una più radicale revisione del concetto di sviluppo?
Nessun commento:
Posta un commento