Muovendo
dal filone culturale di Magnaghi, Anna Marson in “Archetipi di Territorio” Marson 2008 approfondisce
il rapporto storico tra uomo e luoghi, cercando nell’uno e negli altri gli
“Archetipi” antropologici e territoriali, che hanno presieduto agli
insediamenti umani, fino alla rottura concettuale del Rinascimento ed alla
definitiva lacerazione in epoca moderna, anche per effetto della strasbordante
potenza tecnologica.
L’accattivante
racconto attraversa dapprima Acqua, Terra, Aria, Fuoco, e poi Centro, Confine,
Giardino, Selva, alla ricerca delle tracce archeologiche e storiche e delle
speranze di rifondazione (in una nuova sacralità laica) dei principi ecologici
nelle relazioni tra uomo/donna e
ambiente e delle radici antropologiche nella concezione dell’abitazione e
dell’urbanità, rivisitando numerose ricerche e scuole di pensiero (tra cui
spiccano quelle di Gustav Jung, Marija Gimbutas, Giovanni Ferraro e Joseph
Rykwert, Martin Heidegger e Christian Norberg-Schulz - Christian Norberg-Schulz 1979 Ferraro 2001 Rykwert
2003).
Marson
propone una nuova cultura della progettazione, che preliminarmente ascolti con
umiltà i sussurri e le grida dei Quattro Elementi, della terra e del
fuoco, nonché “quelle conoscenze, almeno
parzialmente inconsce e poco codificate, che ognuno di noi, come essere umano, porta con se
geneticamente”, per – non solo – “adattarsi ai progetti che la natura ha già
disegnato, ma di dialogarvi a partire dalle esigenze umane e quindi sociali
essenziali, sedimentate nella stratificazione storica degli insediamenti a
partire dalla quale possiamo ritrovare regole di lunga durata, codificate negli
archetipi di territorio”.
Il limite dell’opera mi pare stia nella mancanza
di indicazioni sociologiche e politiche per portare questa appassionante
battaglia culturale fuori dalle accademie, e costruire consenso e tendenze
alternative negli utenti (e quindi poi forse nei committenti) delle case, delle
città e delle metropoli.
Considerando che
l’individuo/consumatore può essere ancora facilmente indotto a pensare, acquistando
od abitando o anche solo desiderando ad esempio una villetta a schiera - e
quindi mentre concorre a distruggere o dissipare suolo, paesaggio, risorse
naturali - di attingere privatamente a gran parte degli archetipi in
questione, ma sotto la forma caricaturale di Piscina, Barbecue, Orto,
Recinzione, “Godimento esclusivo terra/cielo” (come dice la pubblicità
immobiliare), probabilmente con qualche forma di architettura vernacolare che
risalga anche alla storia locale, e vantandosi di risparmiare energia perché la
costruzione ricade in “classe A”.
Da valutare a
parte il recente impegno diretto della professoressa Marson come Assessore
Regionale al territorio per la Toscana (mentre la scuola territorialista di
Magnaghi si cimenta attivamente con la redazione dei Piani Territoriali e
Paesaggistici di importanti territori, dalla provincia di Prato alla Regione
Puglia), in analogia storica con l’impegno politico-amministrativo diretto di
importanti maestri dell’urbanistica riformista, da Astengo a Detti, da Campos
Venuti (e di molti suoi allievi milanesi) a Cervellati, nonché Lodovico
Meneghetti (di cui sono stato allievo), che in proposito ha anche teorizzato il
ruolo dell’”urbanista condotto”.
PER UN INQUADRAMENTO PIU' AMPIO, VEDI ANCHE, IN QUESTO BLOG, "PAGINE - PARTE 3^" E "BIBLIOGRAFIA"
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