Viale
non si allinea, in modo esplicito con le ricette di abbandono dell’Euro di Loretta Napoleoni – vedi PAGINA PARTE 1^) - (anche se in passato, in Lotta Continua,
Guido Viale sostenne l’insolvibilità deliberata dell’Italia come strumento di
gestione politica di una auspicata
rottura semi-rivoluzionaria), afferma tuttavia che “la strada della bancarotta della finanza statale, a meno di una
revisione radicale del patto di stabilità, sembra essere una tappa obbligata.
Si tratta solo di vedere chi e come la gestirà”.
Contrapponendosi
su “Il Manifesto” a Paolo Cacciari Cacciari 2011, si distingue anche dalla parola
d’ordine della “decrescita felice” (VEDI POST) e dichiara: “Non sono un fautore della decrescita. Trovo questo concetto
povero di contenuti; inutilizzabile, se non impresentabile, nelle situazioni di
crisi (quando a essere messi in forse sono redditi e posti di lavoro); ambiguo
(in quanto speculare, anche se opposto, a quanto ci viene proposto dagli
economisti mainstream). Non credo che le otto "R" di Latouche
(rivalutare, riconcettualizzare, ristrutturare, ridistribuire, rilocalizzare,
ridurre, riutilizzare, riciclare) apportino al dibattito politico molto più di
un chiarimento concettuale. Però, quando si scende - se mai si scende - sulle
cose da fare o proporre è molto più facile ritrovarsi d'accordo al di là delle
formulazioni dottrinarie. Ma questa diffidenza non significa certo accettazione
del diktat della crescita.”
Nel
frattempo, in qualche modo “a
prescindere” da una soluzione generale, quasi che a quel livello oggi si possa
dire, come Montale sotto il fascismo, solo “ciò che noi non siamo e ciò che non
vogliano” Montale 1925,
Viale cerca di
offrire un orizzonte complessivo ai “movimenti” (dal referendum sull’acqua ai
difensori di altri “beni comuni”, come “Salviamo il Paesaggio” (vedi PAGINA "Parte Quarta"), dove si propugna una battaglia contro il consumo di suolo, dai Gruppi di
Acquisto Solidali agli agricoltori “a Km zero), con una interpretazione più
conflittuale delle ‘reti della nuova internazionale’ di Sachs&Co (vedi POST) e del “localismo cosmopolita proposto da Magnaghi
(vedi PAGINA "PARTE 3^"): infatti ritiene che “mano a a mano
che i processi molecolari si concretizzano, unificano e rafforzano, i movimenti
vengono a confronto ed entrano in conflitto con il potere della finanza
internazionale e dei governi che ne sono mandatari a livello statuale”.
Ed individua, in tale prospettiva, i seguenti 6 “pilastri”:
1. “La conversione
ecologica” come “processo di riterritorializzazione,
cioè di riavvicinamento fisico ("km0") e organizzativo (riduzione
dell'intermediazione affidata solo al mercato) tra produzione e consumo:
processo graduale, a macchia di leopardo e, ovviamente, mai integrale. Per
questo un ruolo centrale lo giocano l'impegno, i saperi e soprattutto i
rapporti diretti della cittadinanza attiva, le sue associazioni, le imprese e
l'imprenditoria locale effettiva o potenziale e, come punto di agglutinazione,
i governi del territorio: cioè i municipi e le loro reti, riqualificati da
nuove forme di democrazia partecipativa.” Con “il passaggio, ----- dal
gigantismo delle strutture proprie dell'economia fondata sui combustibili
fossili alle dimensioni ridotte, alla diffusione, alla differenziazione e
all'interconnessione degli impianti, delle imprese e degli agglomerati urbani
rese possibili dal ricorso alle fonti rinnovabili, all'efficienza energetica, a
un'agricoltura e a una gestione delle risorse (e dei rifiuti), dei suoli, del
territorio e della mobilità condivise e sostenibili.”
2. “Per operare in
questa direzione è essenziale che i governi del territorio possano disporre di
"bracci operativi" : ovvero “i
servizi pubblici” locali, “restituiti,
come disposto dal referendum del 12 giugno, a un controllo congiunto degli enti
locali e della cittadinanza, cioè sottratti al diktat della privatizzazione.”,
nonché al patto di stabilità, rinegoziando i debiti ai danni della “bolla
finanziaria”
3. “l'arresto
del consumo di suolo” Se le strutture e i suoli inutilizzati “non vengono
resi disponibili dal vincolo che lega il bene al suo proprietario occorre
procede con una politica di espropri e rivendicare una legislazione che la
renda praticabile.”
4. “Il suolo urbano
libero da costruzioni e quello periurbano possono essere valorizzati da un
grande progetto di integrazione tra città e campagna, tra agricoltura e
agglomerati residenziali. Un'integrazione che è stata il pilastro delle civiltà
di tutto il mondo prima dell'avvento della globalizzazione”: “orti urbani,
disseminazione dei Gas, farmer's markets, mense scolastiche e aziendali, marchi
di qualità ecologica per la distribuzione, gestione dei mercati ortofrutticoli:
quanto basterebbe per cambiare l'assetto
dell'agricoltura periurbana e per ri-orientare l'alimentazione della
cittadinanza con filiere corte”.
5. “La mobilità sostenibile (attraverso
l'integrazione intermodale tra trasporto di linea e mobilità flessibile:
car-pooling, car-sharing, trasporto a domanda e city-logistic per le merci) e la riconversione energetica
(attraverso la diffusione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e la
promozione dell'efficienza nelle abitazioni, nelle imprese e nei servizi)
costituiscono gli ambiti fondamentali per sostenere le imprese e l'occupazione
in molte delle fabbriche oggi condannate alla chiusura.”
6. “La conversione ecologica è innanzitutto una
rivoluzione culturale che ha bisogno di processi di elaborazione pubblici e
condivisi e di sedi dove svilupparli. ---- nelle scuole e nell'università,
nell'educazione permanente, nelle istituzioni della ricerca, nel tessuto
urbano, nei mezzi di informazione, sulla rete.”
Mi sembra molto interessante,
pur nella indefinitezza della prospettiva politica conflittuale, la articolazione
concreta delle proposte (largamente condivisibili) ed anche l’integrazione tra i
comportamenti direttamente praticabili ‘dai movimenti’ e dai soggetti economici
locali, il ruolo assegnato agli enti locali, e la rivendicazione di alcune leggi
progressive a livello di autorità superiori (regionali-nazionali-europee? –
vedi PAGINA "Parte Quarta").
Mi pare inoltre apprezzabile lo
sforzo di raffrontarsi dialetticamente con altre posizioni, come quella della
“decrescita felice”.
PER UN INQUADRAMENTO PIU' AMPIO, VEDI ANCHE, IN QUESTO BLOG, "PAGINE - PARTE 2^" E "BIBLIOGRAFIA"
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